Senza dubbio alcuno, la vita e il curriculum di Sergio Marchionne sono stati scanditi da una innata esigenza di confronto e di ricerca delle migliori strategie possibili per la risoluzione di complessi organici imprenditoriali. Tali reminiscenze hanno rappresentato, per me, l’incipit motivazionale - in una notte d’estate, a Francavilla al Mare (Chieti) – per proporre la fondazione di una Università degli Studi in crisi d’impresa, dedicata, appunto, al grande global manager allora da poco scomparso.
Tale iniziale idea ha trovato la condivisione di Gennaro Baccile, economista giurimetrico e presidente onorario della SOS Utenti (associazione nazionale a tutela dei consumatori bancari), dell’Ing. Livio Gualerzi (Responsabile Finanziario della CEI) e di Lucio Francario, docente universitario molisano, tra i massimi giuristi d’impresa in Italia.
Ovviamente, la razionalità induce a precisare che l’intenzione non è di istituire semplicemente una nuova Università privata, che sia destinata solo ad una utenza d’élite. Tutt’altro. Rammentando, infatti, la visione di Sergio Marchionne – la cui carriera non ebbe inizio da ruoli apicali – l’Ateneo ha una chiara collocazione (geografica) e un perimetro (di ricerca) ben definiti: “a Sud” e “per il Sud”. Ciò non significa, chiaramente, proporre una “monade arroccata” su sé stessa, ma vivificare l’azione di ricerca insieme con gli altri Atenei del Mezzogiorno d’Italia. La realizzazione dell’UniMarchionne vede anche il coinvolgimento istituzionale di Gianni Letta, amico abruzzese di Marchionne. Non solo, nell’ottica di coinvolgimento e della pensata mission che dovrà avere, sarebbe auspicabile che l’UniMarchionne sia anche sostenuta da primarie aziende italiane, operanti anche nel settore bancario, da storiche Fondazioni, nonché dalla Cassa Depositi e Prestiti, ed in accordo con la Conferenza Episcopale Italiana (CEI), specie con l’Ufficio Nazionale per i problemi sociali e del lavoro. I vari interessati, in più conference–call, hanno già gettato le basi programmatiche dell’UniMarchionne, che dovrebbe avere una sede anche in Canada, seconda patria del compianto manager italiano.
Il 17 maggio 2020, nell’editoriale del Corriere della Sera, Ferruccio de Bortoli lanciò un caloroso appello per sconfiggere la “povertà educativa” e per garantire alla futura classe dirigente pubblica e privata italiana una formazione ancora più importante di quella che oggi offrono la nostra scuola e le Università.
Il giorno dopo, il Presidente Silvio Berlusconi, da poco scomparso, in una lettera pubblicata dal Corriere della Sera, si associò all’idea e chiese, a chiare lettere, agli imprenditori (che svolgono, tra le altre, anche una funzione sociale) e ai manager di adoperarsi per un grande investimento privato sull’alta formazione della futura classe dirigente del nostro Paese. Infine, gli ultimi Presidenti del Consiglio dei Ministri hanno manifestato, chi più chi meno, interesse per la nascita dell’UniMarchionne, la cui attività potrebbe coniugarsi bene con la Banca del Sud e, soprattutto, con gli Atenei del Sud. Tutte conferme che i tempi sono ormai maturi. Pensando a Sergio Marchionne, la volontà di istruire, formare, ricercare “a Sud” e “per il Sud” è una sfida che richiede passione, amore e coraggio. Un ultimo apprezzamento per l’idea in questione è arrivato due anni fa dalla Fondazione Agnelli, presieduta da John Elkann e diretta da Andrea Gavosto. Nel 2021 invece è uscita la Collana QUADERNI SALENTINI, Editoriale Scientifica NAPOLI, diretta da Enrico Cuccodoro, docente di diritto costituzionale presso l’Università degli Studi del Salento, e curata dal Dott. Riccardo Scorza, dove ho avuto l’onore di scrivere della mia idea di istituire l’Università degli Studi in crisi d’impresa “Sergio Marchionne”.
L’UniMarchionne potrebbe essere finanziata, in questo momento storico, anche con i fondi del PNRR. Rilanciare la ricerca scientifica in Italia e la formazione accademica con i nuovi fondi europei è sicuramente una priorità. Sarebbe un’iniziativa rivoluzionaria e di indiscutibile attualità. Formare oggi in Italia – a livello mondiale – manager che siano capaci di guidare riconversioni industriali e salvataggi d’impresa evitando di fare affidamento non solo sugli ammortizzatori sociali ma anche sulle risorse endogene delle aziende, costituirebbe un grande risultato per i prossimi anni di prevedibile difficoltà economica. Chi è stato Sergio Marchionne, leader visionario e divisivo, e che cosa resta della sua eredità? Nel suo best seller su Sergio Marchionne (Nuova Edizione aggiornata nel 2023 ed edita da Sperling & Kupfer), Tommaso Ebhardt – che ho la fortuna di conoscere e che l’ha inseguito per dieci anni da un capo all’altro del mondo – descrive una figura complessa, che si rivela man mano al giornalista in rapide battute, numerose occasioni professionali e preziosi incontri a due, a microfoni spenti. Il suo racconto inizia nel dicembre 2008 con l’operazione Chrysler, ricostruisce i traguardi storici, i progetti falliti, la leadership di Marchionne, lanciando uno sguardo a ciò che rimane di FCA dopo la sua tragica scomparsa. Ma soprattutto indaga le convinzioni, gli interessi, i sentimenti privati di un uomo riservatissimo, che tuttavia gli aveva affidato a volte i suoi pensieri, riconoscendolo pubblicamente come «il suo stalker più affezionato», e prova a capire il segreto del personaggio che da sconosciuto outsider è diventato uno dei manager di maggior successo sui mercati internazionali. Quanto manca oggi un Marchionne all’Italia? Molto, anzi troppo. La leadership, le sfide impossibili, le strategie, i segreti del manager che ha trasformato la Fiat in un gruppo globale. In quattordici anni ha più che decuplicato il valore del gruppo in Borsa. Ha trasformato la Fiat da azienda italiana sull’orlo del fallimento a potente società globale. È andato all’assalto dei mercati. Stellantis il nuovo colosso, nato dalle “nozze” dell’auto tra Fiat Chrysler e Psa è in perfetta linea con la visione di Sergio Marchionne che, dopo quella con Chrysler che aveva portato alla formazione di FCA, agognava una seconda maxi fusione prima di lasciare il timone al suo successore (impresa in cui non è riuscito solo per motivi di salute). Ha pensato in grande. Le sue scelte, mai scontate, hanno esaltato gli investitori, ma gli hanno attirato accuse come quella di aver spostato il baricentro dell’impresa lontano dall’Italia e quella di aver calpestato i diritti degli operai".
Nessun commento:
Posta un commento