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sabato 2 maggio 2020

"IL GRIDO"

SULMONA - "Da quando il Covid-19 è arrivato in Italia ho cercato di documentarmi esclusivamente attraverso notizie certe e pubblicate da fonti attendibili. Ho preferito studiare i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità piuttosto che dare credito a chiacchiere di quartiere o ad interventi inconsistenti rilasciati da personaggi di dubbio valore nei patinati salotti televisivi ricolmi di esperti improvvisati.Il mio lavoro, il lavoro dello “stare accanto” che si traduce in ascolto “attivo” e in vicinanza reale ha sostenuto anche me in questo tempo dai confini incerti.
In quel momento, e ciò accade spesso e con rinnovato stupore, sentivo che la mia anima era un
tutt’uno con quella del mio paziente. Ci sentivamo uniti da un qualcosa di realmente profondo.
Il sentirmi dire dai miei pazienti come stessi e come stesse la mia famiglia, il loro
interesse per me, mi ha donato tutto quello che, in tutti i miei anni di studio e di
impegno, mai avrei potuto immaginare.
Nei giorni scorsi, alla sera, ho acceso la televisione nel tentativo di capire qualcosa in più
su questa tanto attesa “fase 2”.
Ed è stato qui che è emersa in me una riflessione profonda che ha tuonato nella mia
testa nel momento in cui ho sentito “il grido” degli uomini, dei genitori che non sanno
più nutrire i propri figli. C’è chi parla di suicidio, chi impegna la fede nuziale al banco dei
pegni, chi deliberatamente compie atti impensabili fino a pochi giorni fa.

Vedere quegli occhi privi di speranza e colmi di dolore mi ha addolorato molto.
Come si può restare distanti e distratti a tutto questo?
Il dolore gridato è tanto, è forte, è assordante, chiude lo stomaco ma non chiude il mio
pensiero e rifletto alle parole di Lacan sul tema della responsabilità della risposta.
La parola implica sempre una risposta. Quando si parla, la parola è sempre orientata
verso l’Altro, cioè verso chi ascolta. Lacan ci fa soffermare su un grande
insegnamento che spero giunga al governo, ed è l’insegnamento sul grido.
Massimo Recalcati avvicina questo grido del bambino sommerso dal pianto, il quale si
lamenta e piange disperato. Il pianto è diretto all’Altro, ma se nessuno lo ascolta,
questo pianto cadrà nel vuoto, come il grido di Munch diventa un urlo infinito
“perché privo di destinatario”. “Il pianto del bambino può diventare una
significazione solamente se c’è l’altro che lo ascolta e se un Altro gli risponde”.
Solo se l’Altro risponde al pianto si può attribuire ad esso retroattivamente un
significato.
Solo la madre risponde al figlio ed interpreta il suo pianto, lei dà ad esso un senso, da ad
esso una significazione e allevia il dolore e l’angoscia inconsolabile.


Dr.ssa Mariachiara Pagone
Psicologa – Psicoterapeuta ad indirizzo psicodinamico - Psicodiagnosta – In formazione come psicanalista infantile e
adolescenziale - CTU presso il Tribunale di Sulmona
Via Armando Diaz 34, Sulmona 67039 (AQ)- 3481199247 - mariachiarapagone@virgilio.it - www.mariachiarapagone.it
Iscritta all’Ordine degli Psicologi d’Abruzzo n. 2296

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