un contrasto culturale ancora oggi non del tutto risolto.
Tratto dal libro. Primo capitolo "L'ultima messa". E’ la lettera
con cui don Mario Setta salutò i suoi parrocchiani, allorché i suoi superiori
gli avevano sottratto la parrocchia. Era la domenica delle Palme del 1974 e
vennero perfino i carabinieri per verificare l'insediamento del nuovo parroco.
"Tra voi ho vissuto situazioni
drammatiche che hanno lasciato segni incancellabili nella mia vita, hanno
scavato profondamente il mio cuore. Ma ho imparato ad avere fiducia negli
uomini, in ogni uomo. Non esistono nemici, perché i nemici ce li creiamo noi.
Gli altri sono sempre possibili amici o fratelli. Ho imparato che la fede deve
essere vissuta e incarnata in se stessi, non ridotta a bagaglio di parole, che
si può lasciare dovunque, senza mai rimetterci del proprio. E credere significa
essere liberi: liberi dalle certezze, liberi dal denaro, liberi dalle
sicurezze, liberi da ogni dogmatismo ideologico. La più grande lacerazione che
ho vissuto in questi anni è stata la ricerca di una risposta al dilemma che mi
dilaniava: o la gente o l'istituzione. Ho scelto la gente. Scelgo voi: gli
uomini che lavorano, che si sacrificano, che vivono la precarietà della
giornata. Con mio profondo rammarico ho constatato quanto l'organizzazione
ecclesiastica sia lontana dal popolo, spesso strumento di oppressione. Non odio
gli uomini dell'istituzione: non odio il vescovo, non odio i preti. Li amo.
Sono miei fratelli. Sono vostri fratelli che vivono, inconsapevolmente, sulla
propria carne, una grande tragedia: nello stesso tempo vittime e carnefici,
oppressi e oppressori. Credevo e mi sforzavo di fare della case del prete la
casa di tutti, della mia vita di prete una vita per gli altri. Mi avevano
insegnato che il prete era chiamato a diventare un “uomo-mangiato”, divorato
dagli altri, secondo la definizione di un santo-sacerdote, padre Chevrier. In
pratica ho constatato il contrario: è il prete che divora gli altri. Forse sarò
stato un ingenuo, un illuso. Non me ne pento. Continuerò a lottare per una società
più giusta, più fraterna, convinto come sono che la vita abbia senso solo se
donata”.