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sabato 29 marzo 2025

"TEMPI DURI PER I FUMATORI. ANCHE PER CHI OPERA IN CARCERE LICENZIAMENTO SE SI TRASGREDISCONO LE REGOLE SUL POSTO DI LAVORO"

ROMA - "Attentare alla salute altrui è sicuramente una delle azioni più ignobili ed esecrabili che ci siano atteso che quello il diritto a vivere sani  è il bene più prezioso che ci sia. D'altronde è risaputo e nella nostra vita ce lo siamo sempre detti. Dalla Cassazione arriva finalmente una delle sentenze che potrà finalmente scrivere la storia in ambito lavorativo per ciò che attiene la salvaguardia del diritto per antonomasia qual è appunto quello di difendersi dal gesto più maleducato che c'è: il fumare in presenza degli altri.Seppur siano stati fatti passi da gigante in questo ambito resistono tuttavia sacche, come ad esempio all'interno delle carceri probabilmente favorite dalla preclusione all'ingresso di chicchessia,  dove il vizio del fumo rimane una piaga insopportabile.Con l’ordinanza 24 marzo 2025, n. 7826 ora se si trasgrediscono le regole in materia di fumo sui posti di lavoro si può essere licenziati.
la Cassazione (Fonte Brocardi) afferma, infatti, il principio secondo cui la tolleranza mostrata in passato dal datore di lavoro rispetto a determinate condotte illecite quali quella di fumare laddove non si potrebbe non legittima il dipendente a continuare a tenerle.
Vediamo insieme cos'è successo...
Un lavoratore impugna giudizialmente il licenziamento irrogatogli per aver fumato in un’area aziendale in cui vigeva il divieto di fumo.




La Corte d’Appello accoglie la predetta domanda, sul presupposto che la società era a conoscenza della prassi dei dipendenti di fumare in quell’area e non aveva mai adottato alcun provvedimento per far rispettare il divieto di fumo.
In particolare, Corte d’Appello ha considerato come pacifiche le seguenti circostanze:
che il dipendente avesse fumato nella zona air-side, pur essendo consapevole del divieto di fumo;
che in quella zona non vi era alcun cartello recante il divieto di fumo e che tutti si recavano lì a fumare, compresi i diretti superiori; che, in base alle prove raccolte, la società era a conoscenza della prassi dei lavoratori di fumare nell'area air-side e che non aveva mai adottato alcun provvedimento per far rispettare il divieto di fumo.



Ha aggiunto, la Corte, nelle sue argomentazioni che neppure vi era prova certa che la zona ove il ricorrente era stato sorpreso a fumare fosse effettivamente air-side, poiché le testimonianze sul punto erano contraddittorie e la società, onerata, non aveva prodotto utile documentazione al riguardo.
I giudici di appello, quindi, hanno ritenuto che l'accertata "tolleranza" di parte datoriale rispetto all'abitudine dei dipendenti di fumare in quella zona - ove neppure era apposto un cartello recante il divieto - fosse sintomatica di una valutazione di quella prassi come non illecita; da ciò hanno desunto l'assenza di rilievo disciplinare dell'addebito contestato e, quindi, l'insussistenza del fatto.
Insomma, tempi duri per i traditori della salute altrui. Com'è giusto che sia ci aggiungerei".
(A cura di Mauro Nardella Vice Segretario Generale SPP

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