CORFINIO - "La ricerca di Albert Ribera incentrata su tombe insolite della strada Quart attribuisce l’origine di parte dei coloni fondatori ad uno dei popoli “ribelli” del sud Italia. Hortensia García, València. L’Archeologo valenciano Albert Ribera ha scoperto, dopo decenni di ricerche, la vera origine di almeno una parte dei primi abitanti di “Valentia”, fondata nel 138 a. C., tra i quali vi erano i «Peligni», una delle tribù guerriere che vivevano nelle zone montagnose del centro e del sud Italia. Una delle dimostrazioni che attesta che i fondatori della città furono coloni italici, non cittadini romani, è una necropoli ritrovata più di due decenni fa tra le strade Quart e Cañete, dove furono recuperate cinque necropoli o tombe con camere sepolcrali mai viste nella Penisola Iberica in questo periodo e che presentavano doni e corredi funerari.
Furono date differenti interpretazioni alle inusuali tombe ritrovate nella strada Quart, ricollegandole alle popolazioni della Magna Grecia e più recentemente all’origine etrusca. Più di due decenni dopo la scoperta, Albert Ribera ha risolto il mistero. «C’è una spiegazione archeologica diretta e chiara», spiega l’esperto repubblicano e per oltre un decennio direttore del Centro archeologico di Almoina. Ribera ha potuto documentare che il rituale e la morfologia di queste sepolture «singolari» della necropoli valentina sono identiche a ciò che il popolo dei Peligni praticava nello stesso periodo. «Sono tombe poco frequenti nel mondo italico, ma molto comuni nella regione italica dei Peligni, intorno a Corfinium, dal secolo III al I a. C.». Le tombe in questa regione sono «esattamente come quelle di Valentia», assicura Ribera, dottore in Archeologia, nella sua ricerca «La fondazione di Valentia tra i Sanniti e i popoli italici», pubblicata recentemente dal Royal Netherlands Institute a Roma.
Le tombe erano formate dal letto sepolcrale e una camera annessa scavata nell’argilla. Insieme allo scheletro vi erano depositati distinti oggetti domestici come anfore greco-italiche, unguenti, vasellame vario e a volte uno «strigile», una striglia di metallo tipica nel mondo grecoromano usata per togliere il sudore nelle terme e che era anche presente nelle sepolture sannite dal secolo V a. C. Gli scheletri presentavano inoltre sacrifici di teste di maiale, associate con il rito italico della «Porca Praesentanea» legata al culto di Cerere che risalgono alle stesse origini di Roma e delle quali si fanno portavoce autori come Cicerone. Il sacrificio di maiali era comune anche nella cultura sannita.
Insieme a queste tombe insolite e «ricche» sono state trovate altre sepolture contemporanee in scavi semplici con pochi o nessun corredo funerario, ma che seguivano il rito della sepoltura, estraneo ai romani e agli stessi iberici, popoli che praticavano l’arte della cremazione.
Cronologicamente, queste sepolture sono da collocarsi nella seconda metà del secolo II a. C. durante il periodo repubblicano. Questo nuovo nucleo urbano ebbe, tuttavia, una vita breve, circa 63 anni e su di esso esistono al giorno d’oggi molte incognite senza risposta. La Valentia repubblicana, fulcro strategico dell’asse mediterrraneo, fu distrutta dall’esercito del generale Pompeio Il Magno e abbandonata tra l’anno 76 e 75 a. C. : impiegò anni a rifondarsi e quindi a ripopolarsi già ai tempi dell’Impero.
Quando Roma iniziò la sua avanzata verso la Penisola Iberica nei secoli III e II a. C., i cittadini romani erano pochi e non si insediarono in territori lontani, non poterono mettere mano sulle tribù italiche dominate come i «Peligni». Il centro principale dei «Peligni» era Corfinium, vicino all’attuale Corfinio, adesso un paese di appena mille abitanti, nella regione Abruzzo. I «Peligni» fronteggiarono la dominazione di Roma e combatterono, in alleanza con altri popoli italici come i Sanniti, fino al suo assoggettamento nel III secolo a. C. Dopo un’ultima grande rivolta nel I secolo a. C. fecero in modo che Roma gli concedesse gli stessi diritti dei cittadini romani.
Valentia fu, come già dimostrarono M. Josè Pena e Pere Pau Ripollès, una colonia latina, fondata dai coloni «non romani» arrivati nel contigente dei «congedati» dell’esercito del console Junio Bruto, nel 138 a. C. Questi primi abitanti tramandarono ad un territorio prevalentemente iberico i suoi costumi, l’architettura e i riti funerari.
ANGOLO DELLA STRADA QUART CON CAŇETE
Luogo in cui è stata rinvenuta la necropoli con le sepolture dei Peligni.
«sono tombe comuni nell’area dei ‘Paelingi’, intorno all’attuale Corfinio, un popolo
del sud d’Italia»
SACRIFICIO E TESTA DEL MAIALE
Le tombe («ipogei») della strada Quart-Cañete erano formate dal letto sepolcrale e una camera
annessa scavata. Insieme allo scheletro vi erano oggetti domestici (anfore, «strigili», vasellame) e
sacrifici di teste di maiale, un rito italico legato a Cerere e molto comune nei funerali sanniti.
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Divinità, cornucopie e modelli latini
Un simbolo importante della fondazione di Valentia furono le sue monete, uniche
nel contesto ispanico. Erano frequenti le monete con una divinità femminile guerriera
nella parte frontale e il corno dell’abbondanza nel retro, seguendo il modello del denaro di Roma
che finirono per sostituire altre coniazioni preromane con immagini iberiche. I nomi dei giudici che
compaiono in queste monete sono di grande interesse. Includono sei patrocinatori della città:
Munius, Numius, Ahius, Trinius, Coranius e Lucienus. Ahius e Trinius sono nomi sanniti. Salvo
Munius e Numius, questi antroponimi indicano che i giudici di questa nuova colonia erano di lingua
latina, italica e lignaggio osco invece di romano.
Traduzione a cura della Prof.ssa Cinzia Fallavollita, Consigliere di Maggioranza del Comune di Corfinio (AQ), Abruzzo - Italia.
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