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martedì 15 settembre 2020

COMITATI CITTADINI PER L' AMBIENTE:"NO ALLA RIDUZIONE DELLA DEMOCRAZIA"

SULMONA - "I Comitati cittadini per l’ambiente non hanno mai preso parte,  né direttamente né indirettamente, a competizioni elettorali ed intendono mantenere questa linea.  Ma non possono restare indifferenti quando si cambiano le regole del gioco che sono alla base del nostro sistema democratico. Per questo hanno deciso di votare no, ed invitano i cittadini a votare no, nel referendum del 20 e 21 settembre con cui si propone di tagliare 230 deputati e 115 senatori. La riduzione del numero dei parlamentari viene presentata dai suoi sostenitori come un fatto positivo perché consentirebbe di ottenere risparmi consistenti e perché renderebbe più efficiente il Parlamento stesso.In merito al primo punto non si può non osservare che risparmiare 60 milioni di euro l’anno (pari al costo di un caffè  per ogni cittadino) è del tutto risibile quando si spendono risorse enormi in armamenti: basti pensare che un solo aereo F 35 costa 70 milioni di euro.. eppure lo Stato italiano ripudia la guerra! (Art.11 della nostra Costituzione) o, ad esempio,  quando lo Stato italiano destina al finanziamento delle fonti energetiche fossili ben 18 miliardi di euro l’anno (mentre invece la scelta sensata è quella di  investire tali risorse nelle fonti rinnovabili per la produzione di energia pulita e sostenibile). I parlamentari sono dei privilegiati, è vero. Ma se proprio si voleva colpire la “casta” bastava ridurre di un terzo lo stipendio degli attuali parlamentari, togliere le condizioni di favore e tagliare le spese esorbitanti per i loro portaborse. Invece con la riforma tutti questi privilegi resteranno intatti.. Tagliare il numero dei nostri rappresentanti vuol dire tagliare la democrazia. C’è da aggiungere che il taglio di oltre un terzo della rappresentanza  non va ad incidere sulle spese annuali di Camera e Senato per il personale (stipendi e previdenza) che assommano a circa 350 milioni di euro l’anno.  Queste spese – pari a quasi 6 volte il “risparmio”  che si avrebbe con il taglio dei parlamentari – non saranno toccate.
Quanto al secondo argomento, non è affatto vero che con il taglio si avrà una maggiore efficienza nei lavori del Parlamento. E’ probabile invece che succederà il contrario. Se la qualità della rappresentanza è già bassa oggi, con gli attuali numeri, come potrebbe essere più alta domani,  quando i parlamentari saranno in numero minore?  Il problema della qualità va affrontato a monte, nella selezione della classe politica, che però rimarrà nelle mani delle segreterie di partito il cui potere aumenterà anziché diminuire. Restando l’attuale sistema partitocratico, quando vi saranno minori posti da occupare e collegi più ampi,  ad essere favoriti saranno i più arrivisti e i più ricchi. Meno parlamentari significa anche più possibilità di controllo da parte  dei poteri forti e  delle lobby.
Ma il problema più serio è che la riduzione della rappresentanza penalizzerà soprattutto i territori meno popolati come quelli dell’Appennino e quindi dell’Abruzzo interno. Oggi si ha un senatore ogni 187.000 abitanti. Domani, con il taglio, si avrebbe un senatore ogni 327.000 abitanti. L’ Abruzzo passerebbe da 7 a 4 senatori. E’ evidente che un ruolo determinante, nella scelta elettorale, lo avranno soprattutto le grandi  città e le aree metropolitane. Di conseguenza aree come il centro Abruzzo, avendo pochi abitanti, difficilmente in futuro potranno eleggere un proprio rappresentante. Lo stesso discorso vale per la Camera :  con il taglio l’Abruzzo passerebbe  da 14 a 9 deputati. In questo modo non potranno che peggiorare le condizioni economiche e sociali di territori come il nostro, già oggi in grande difficoltà.  
Ci sarebbero altre ragioni per dire no, ma ci fermiamo qui perché riteniamo che le motivazioni espresse siano più che sufficienti per respingere una riforma sbagliata che, con il proposito di ridurre la rappresentanza parlamentare, in realtà riduce la democrazia nel nostro Paese, comprime fortemente il pluralismo politico in Parlamento e aumenta il divario tra istituzioni e cittadini".                                                                             
                                                                                                                Comitati cittadini per l’ambiente

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