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sabato 1 agosto 2020

“IL PROBLEMA NON È NELLE LE RISORSE ECONOMICHE….”

SULMONA - "L’emergenza derivata dal CoViD19 deve indurre al ripensamento profondo, se non integrale, di molti aspetti della nostra vita sociale ed economica. Uno di questi è l’equilibrio fra Città Metropolitane/Città ed Aree Interne. L’emergenza sanitaria è esplosa in tutto il mondo con numeri paurosi in tutte le aree con alti tassi di densità di popolazione e con elevati flussi antropici -che coincidono con le aree economicamente più dinamiche e più sviluppate- ed il contrasto all’epidemia ha avuto come arma cardinale il “distanziamento sociale”: la concentrazione, la densificazione, l’agglomerazione -tutti i fenomeni urbani che sembravano avere una connessione necessaria con i vecchi processi di sviluppo meramente industriale e di erogazione di servizi e di burocrazia- sono diventati fattori di rischio
… mentre nelle Aree Interne, l’isolamento, da elemento critico, ha assunto un connotato positivo in questa rivalutazione della distanza. Molti stakeholders stano studiando e proponendo modelli e linee di intervento settoriali, ma a tutti i livelli-dal nazionale al comunale, passando per lo snodo decisivo dello strato regionale- la sensazione è, ad ora, che le policy non abbiano scelto gli strumenti per ipotizzare e generare scenari futuri su cui costruire solide strategie pubbliche e su cui programmare e finanziare il ridisegno socioeconomico delle politiche di vision territoriali e mission per nuovi management da mettere in campo.
L’impatto sociale che si va verificando sotto gli occhi di ognuno di noi, è enorme anche perché una
corretta analisi dello stato di fatto in fieri, deve tenere conto che la gestione governativa degli shotdown+ lockdown si sovrappone su di una preesistente crisi socio-economica-territoriale di macroarea centroitalia ma anche e soprattutto su di un reale profondissimo stallo relazionale Abruzzo con focus sulle disuguaglianze territoriali tra aree metropolitane (vere e nominali) ed aree interne, già presenti per errate politiche del passato e solo acuite dalla crisi corrente.
Si deve consentire sia ai nuovi attori creati dalla pandemia che anche ai preesistenti, di cogliere una
nuova diffusa consapevolezza soprattutto nel progettare il tempo di lavoro, armonizzandolo con una
domanda fortissima di un ciclo di vita diverso, costruito sulle relazioni di vicinato, con negozi/servizi di prossimità riscoperti e rivissuti relazionato con una forte domanda di un rapporto diverso con la natura:rapporto che si era rotto da tempo sostituito con il virtuale digitale.
Il tema ambiente sta divenendo sostanziale e rilevante per l’Italia in generale, per l’Abruzzo in
particolare e per le Aree Interne appenniniche abruzzesi in modo speciale ma per il Centro Abruzzo diviene vitale: ma chi se ne fa capo? Chi se ne deve fare carico? Si deve consentire di fabbricare la rigenerazione delle Città e dei loro territori di riferimento-con metodi e modelli endogeni- costruendo una dimensione del ciclo della vita in discontinuità ma con una rigenerata carica di essenza ed armonica di dimensione locale, evitando che le dichiarate enormi risorse economiche del Recovey Found, si disperdano in progetti ministeriali privi di forza, assenti di anima e privi dell’energia di un progetto unitario e strategico “su misura”.
Il Comune di Sulmona, la comunità territoriale di suo riferimento, Regione Abruzzo devono attuare una strategia di sistema-rete che abbia a base -non il denaro da spendere- ma le reali necessità nella relazione tra uomo, territorio, sviluppo e che richiederà –attraverso la leale collaborazione tra gli attori protagonisti- la realizzazione di un telaio strutturale socio-istituzionale per la definizione degli scenari pensabili e delle relative linee di azione: si deve favorire l’apertura di una rinnovata e rivisitata stagione di programmazione, organizzando una strategia compiuta, ritrovando la cultura del risultato abbandonando la cultura della spesa: è giunto il momento di curare l’obiettivo prima del mezzo, attuare strategie con modelli esperti multifattoriali ed con approcci multiparametrici, i soli in grado di garantire una gestione dei processi di sviluppo adattivi e proreattivi. Deve essere riconosciuta e caratterizzata -con flussi operazionali logici, non fantasiosi e autoreferenti- la natura essenziale delle Aree Interne, sostenendone un destino più aderente alla realtà del policentrismo –se non del micro centrismo- come elemento distintivo del territorio abruzzese, avendo il coraggio di riequilibrare l’esistente anomala distribuzione dei poli di servizio della PA e non partendo dal
consolidato come dato imprescindibile alla stregua di un diritto acquisito. E’ necessaria un Proposta, un Nuovo Progetto di Sviluppo disegnato soprattutto su infrastrutture nuove e su di una reale nuova
progettazione del territorio urbanizzato tale da determinare nuovi flussi sociali e finanziari e nuove economie di sviluppo in grado di ri-equlibrare una regione squilibrata ostaggio ancora del disegno funzionale feudale.
Il tema delle Aree Interne non è certo nuovo: aggregati urbani e borghi e territori ed aree complesse
caratterizzate da minore vitalità economica, isolamento rispetto ai sistemi di mobilità, con minore dotazione di servizi e a rischio spopolamento, lasciati ai margini dei processi economici e sociali di programmazione di organizzazione territoriale seppur siano oggetto (e non soggetto!) da anni della Strategia Nazionale per le Aree Interne restano marginai nelle programmazioni di sviluppo, e non si deve consentire che le conseguenze del CoViD19, specie, quelle economiche, possano accentuare ed amplificare i divari e gli squilibri territoriali: necessita la costruzione di un tavolo di discussione policulturale e polispecialistico della fase di rientro nell’ordinario -a fine emergenza post CoViD19- che non deve prescindere dal ripensamento e ridisegno delle architetture d sviluppo territoriale delle Aree Interne. Ambiente, Salute, Giurisdizione sono solo tre dei paragrafi del capitolo Sviluppo Aree Interne ma sono essi che devono fornire l’occasione per proporre una necessaria riduzione le distanze tra costa e montagna, tra città e campagna/montagna, tra fast e slow: questo scenario di convergenza deve essere favorito da politiche pubbliche regionali di riduzione degli squilibri e di perequazione tra le dotazioni di servizi e infrastrutture.
Una cosa è certa: la Regione Abruzzo e le forze politiche locali non possono consentire la penetrazione del flusso di pericolo incombente consistente nel fatto che le necessarie politiche espansive dirette a recuperare la perdita di PIL e di occupazione, dirigano le risorse dove queste promettono di fruttare più rapidamente: i settori più forti della costa e i territori di Servizio dell’interno. Il compito di Regione Abruzzo è di formulare un contributo ad una nuova Strategia Nazionale per le Aree interne che possa contribuire a ridurre questo rischio, predisponendo modelli, programmi ed azioni di riequilibrio e delocalizzazione, proponendo un disegno di Sviluppo su tre ordini paradigmatici Etico, Politico e Giuridico. Solo una opzione politica forte può dare avvio ad una rinnovata stagione di politiche di coesione che non punti su solo su interventi compensativi verso i territori svantaggiati ma incentivi la proposta di nuove ed efficaci connessioni tra aree urbane dense e Aree Interne. Dobbiamo agire sotto il segno dell’interdipendenza tra territori, tra modi diversi di abitare e produrre, di lavorare e divertirsi, di studiare e aggregare.
La connessione veloce, il 5G, da una parte deve essere il vettore per il superamento del digital divide, ma deve essere chiara la consapevolezza che il digital knowledge non è la soluzione dei problemi: le merci si possono ordinare da casa con il tablet su internet, ma quelle merci devono essere prodotte da uomini e macchine e devono essere consegnate utilizzando strade, binari ed aerovie e rotte marittime: alla connessione immateriale deve essere necessariamente affiancata, quindi, una connessione materiale, una logistica efficace, utile e magari veramente intermodale e veramente logica!
Per questo io dico che si deve progettare un NeoSviluppo che non sia banalmente Economico, ma che
sia, più coraggiosamente, più risolutamente e più incisivamente contemporaneamente anche Etico, Politico e Giuridico.
Deve essere coraggiosamente Etico -nel senso che non accentui le disuguaglianze e generi
perturbazioni economiche, che eviti disordini sociali e gestisca i fenomeni di dipendenza politica, soprattutto nelle aree con un alto tasso di analfabetismo partecipativo e sia in grado di svincolare le popolazioni dalla sudditanza; sia risolutamente Politico – nel senso che sia in grado analizzare e comprendere, affrontare e gestire la complessità dei processi di democratizzazione in senso lato; esaminando criticamente lo statu quo ante e lo statu quo nunc, dando risposte congruenti e dinamiche i problemi che ostacolano lo sviluppo economico, il benessere generale e la piena realizzazione della felicità di ampie aree territoriali antropizzate; decifrare la complessità dei processi di cambiamento sociale sulla base delle interazioni complesse con le altre dimensioni umane (economica, culturale, istituzionale,…); ha obbligo di essere incisivamente Giuridico
-nel senso che la deregolamentazione normativa, la presenza di asimmetrie informative e la necessità
erogazione di servizi in esternalità positive, richiedono necessariamente una pianificazione che preveda la riserva di competenze a tutela di legittimità, stabilità e legalità dei processi sistemici, la lealtà del “controllore” terzo ed imparziale, diretto esclusivamente a soddisfare l’esigenza pubblica di sicurezza cioè a produrre il bene pubblico in senso economico della sicurezza giuridica; deve essere pervasivo del territorio in modo puntuale ed evidente in modo da liberare i territorio dalle mafie criminali ed in colletto bianco; deve essere presente e visibile in modo da non indurre alla golosità e da scoraggiare alla conquista di dominio e governo del territorio che non sia quello istituzionale.
Il tema che pongo è, quindi, la questione del governo dello sviluppo sostenibile e del miglioramento
della performance territoriale delle Aree Interne attraverso sistemi di programmazione e controllo che si avvalgano di modelli di system dynamics. Gli ambiti decisionali devono essere costruiti per coprire gli aspetti maggiormente critici della gestione strategica dei programmi e della valutazione della performance dei progetti in un’ottica di sostenibilità dei territori montani e dello sviluppo delle sub aree antropizzate. La gestione del “portafoglio progetti”, la gestione dei “sistemi territoriali”, lo sviluppo di “capacità tangibili” (aziende/imprese) ad ampio spettro tra tradizione ed innovazione, la “modellizzazione delle risorse intangibili” (capitale umano ed intellettuale), la rappresentazione delle “competenze distintive” e delle “conoscenze di vantaggio competitivo” di ogni determinato asset/business.
Il problema non è nelle le risorse economiche …. ma nella impostazione di nuovi processi di politica
territoriale e di gestione competente dei processi di sviluppo in cui la prospettiva rivoluzionaria sia a partire dalle Aree Interne ed il cui spirito risorgimentale sia di riconquista dell’Appennino alla Vita della Regione Abruzzo.

Ing. Carlo Maria Speranza

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