SULMONA - "Dispiace vedere gli esponenti delle associazioni provinciali e locali degli imprenditori, che dovrebbero proporre, progettare e attuare strategie e fornire gli strumenti necessari agli imprenditori da loro rappresentati per “rivitalizzare il tessuto produttivo locale”, doversi servire di vecchi, obsoleti, nostalgici slogan del fango quali il “NO A PRESCINDERE” per stravolgere, soffocare, demolire, abbattere, annullare quei valori di salvaguardia dell’ambiente e della salute e sicurezza ormai riconosciuti come tendenza globale per un vero e duraturo sviluppo sostenibile.Il “NO A PRESCINDERE” è in realtà IL loro slogan"si legge in una nota giunta in redazione a frima di Maria Clotilde Iavarone.
" I NO di chi tutela l’ambiente e la salute sono sempre argomentati scientificamente, sono animati da valori universalmente e globalmente riconosciuti che hanno dettato Direttive Europee e Leggi Nazionali e Regionali, dalle quali amministratori e politici locali,(che vengono da essi definiti contaminati dalla sindrome del no a prescindere) non possono prescindere.
Quale, perchè la necessità di preparare il campo, come un gaviscon sulle pareti dello stomaco, prima di formulare i loro progetti? Cosa hanno da proporre di tanto esecrabile da essere costretti a preparare il campo, annacquando i cervelli con prospettive di riscossa da lacci e lacciuoli imposti dai lillipuziani che hanno osato fare opinione e paralizzare i giganti? E quale la spinta se non quella di prospettare la possibilità di utilizzare i Fondi Fas per placare e zittire gli imprenditori che li accusano di inefficienza? E non potevano farlo senza attaccare coloro che difendono il territorio proprio per gli stessi principi e progetti di cui essi di adornano, quali la conservazione e valorizzazione dei prodotti agroalimentari, dei beni culturali, artistici, architettonici, paesaggistici, sia per uno sviluppo economico sostenibile legato al turismo sia per le generazioni future? Perché demolire invece di costruire? Perché non si progettano industrie di conservazione dei prodotti agricoli del territorio peligno per incoraggiare e incentivare la coltivazione dei tanti terreni abbandonati? Perché non si realizzano mai imprese manifatturiere che valorizzino le risorse umane competenti nelle attività di artigianato di tradizione locale? Perché ad esempio l’Istituto d’Arte ora Liceo Artistico di Sulmona trova difficoltà ad attuare nel territorio il progetto della “Buona Scuola” di mettere in rete scuola e lavoro per mancanza di luoghi di lavoro per cui fa formazione per i propri allievi?
Farebbero bene gli imprenditori peligni e provinciali ad avere un confronto con i loro rappresentanti e rottamare quelli che “giovani” non sono più se, per raggiungere gli obiettivi, nostalgici di quella imprenditoria degli anni 70-80 dello “sviluppo ad ogni costo”, si servono ancora di vecchi slogan e della macchina del fango".
Maria Clotilde Iavarone
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