SECINARO - Inaugurata la panchina rossa davanti alla sede dell’Unione Montana Sirentina, e presentato alla comunità il progetto Dea Montagna."Nessuna donna vittima di violenza di genere dovrebbe camminare da sola. Siamo qui per camminare insieme". Questa la targa apposta sulla panchina rossa inaugurata nella serata di ieri a Secinaro, di fronte alla sede dell’Unione Montana Sirentina. "Quest’anno sono 97, ad oggi, le vittime morte per mano di chi diceva di amarle" ha detto Gianna Tollis, presidente dell’associazione La Diosa Onlus, alla presenza di tanti sindaci del territorio e rappresentanti istituzionali regionali e dell'Arma dei Carabinieri. “Il rosso della panchina è il rosso della passione ma anche del sangue versato dalle donne: è il simbolo della nostra lotta ai femminicidi. Ringraziamo i sindaci di questo territorio e la loro lungimiranza: è da dieci anni che come associazione La Diosa veniamo in Valle Subequana il 25 novembre, e continueremo a farlo”.
L’inaugurazione è stata il preludio ad un convegno che ha visto una prima presentazione, alla comunità locale, del progetto Dea Montagna, la rete di case rifugio e di orientamento per la riprogettazione professionale di donne vittime di violenza premiato da ActionAid. La presentazione ufficiale del progetto avverrà all’inizio del 2025.
Fare rete in maniera compatta, ampliando i servizi alla comunità locale ma anche a chi, all’esterno, si trova in difficoltà, perché “nessuno si salva da solo”. Questo il concetto evidenziato negli interventi dei sindaci dei comuni partner (Molina Aterno, Secinaro, Castel di Ieri, Acciano, Fontecchio, Capitignano) che hanno aperto la tavola rotonda, alla quale ha assistito una folta platea di pubblico. Il territorio della Valle Subequana, segnato dallo spopolamento, è pieno di immobili e strutture ricettive che possono essere riconvertite ed utilizzate come rete di case rifugio, hanno spiegato: strutture vuote, da riempire di contenuto e valori.
Ai loro saluti istituzionali, si sono uniti anche quelli dell’assessore regionale, con delega a Bilancio e Snai, Mario Quaglieri, e delle consigliere Antonietta La Porta e Maria Assunta Rossi, che hanno sottolineato la bontà del progetto e la volontà di sostenerlo in ogni sede.
A seguire, sono stati spiegati i dettagli del progetto Dea Montagna che si snoda lungo tre assi. Il primo riguarda la tutela e la protezione delle donne vittime di violenza, che verranno accolte nelle case rifugio: “Sono pochissime le case rifugio in Abruzzo e questo progetto consente di dare una via d’uscita rapida e sicura alle tante donne che hanno necessità di allontanarsi dalla propria casa”, ha sottolineato Gianna Tollis. La rete di alloggi sarà gestita dall’Associazione La Diosa, che mette a disposizione personale preparato all’accoglienza e al ripristino del benessere psicofisico della donna, oltre che specializzato nell’affrontare le problematiche relative alla violenza domestica.
Il secondo asse riguarda invece l’empowerment e il sostegno alle donne che stanno uscendo da esperienze di violenza, fornendo loro un percorso di orientamento finalizzato al lavoro. Fondamentale, sotto questo aspetto, l’apporto di Piano C: “Noi ci occuperemo di riqualificazione professionale delle donne, di lavoro come progetto, non solo come reddito” ha spiegato la presidente Sofia Borri. “Il nostro obiettivo è quello di non far sentire sole le donne che vogliano proporsi come lavoratrici o professioniste, che abbiano una ambizione, che vogliano realizzarsi, sostenendole e incoraggiandole”.
Il terzo asse riguarda tutte le azioni di sensibilizzazione che verranno portate avanti nelle comunità dell'area SNAI Gran Sasso Subequana, con il supporto del collettivo R4ge del GSSI – Researchers for Gender Equity del Gran Sasso Science Institute – e l’attenzione del dipartimento di Scienze Politiche dell’Università di Teramo, con la prof.ssa Fiammetta Ricci. “L’Università di Teramo da tempo fornisce strumenti per sensibilizzare e diffondere l’impegno su tematiche di questo genere: la violenza digitale, in particolar modo, è sempre più diffusa e l’obiettivo del nostro intervento – ha spiegato la dottoranda Chiara Parisse – è di scardinare questi tipi di violenza particolarmente subdoli e profondi, tanto da non riuscire a distinguere l’esperienza virtuale dalla violenza fisica”.
Il tutto, “cucito” insieme da Milena Molozzu, progettista e coordinatrice del partenariato, che ha unito le diverse anime che hanno dato vita a Dea Montagna. “Una esperienza entusiasmante: il progetto era ambizioso e quando abbiamo capito di poter contare sulla collaborazione del territorio, grazie anche alla partnership fra l’associazione La Diosa e la Valle Subequana, abbiamo iniziato a unire i pezzi di questo meraviglioso puzzle”.
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