“Nella carne del pastore c’è il fieno di luglio, / il sale minerale del vento e della pioggia, il ferro dentro al sangue è allenato / per passare dalla mano al bastone”
Sul vignale della bottega di Domenica Trozzi abbiamo sentito le storie della famosa mastra casearia pescolana. La vita contadina, la guerra, la faticosa arte casearia imparata dai fratelli per necessità e poi scelta per la vita. L’importanza di un mestiere di grande sacrificio che ha dato a Memenca e alla sua famiglia autonomia, sostentamento, conoscenza: un prezioso sapere manuale che nasce dal rapporto con la terra e gli animali, alimentando economie, vite e sapienze.
“Il pastore ha scelto la voce delle cose / più che le parole degli uomini, ha scelto il vento, / un altro modo di abitare il tempo.”
“Venite giù dai monti / srotolate il bosco della lingua, / spaccate la legna delle strade, / consegnate al nuovo mondo / il verbo di un parlare antico.”
Luciano Zappa, fabbro e cacciatore, conoscitore profondo del bosco e degli animali, ci ha raccontato il rapporto tra la natura, il territorio e la sua arte, popolata di elementi del bosco e dei suoi abitanti. Un’attività, quella del fabbro, storicamente utensìle, legata agli strumenti agricoli e all’arredamento domestico che è molto cambiata, come ha raccontato Nicodemo Donatelli, altro fabbro pescolano. Dal bisnonno che forgiava merche per marchiare animali e mobili con le sigle di famiglia, alla sperimentazione di suo figlio Enrico che accanto al ferro battuto ha introdotto l’uso laser e soggetti contemporanei. Ora la bottega Donatelli fabbrica non solo lampadari e ringhiere in ferro battuto, ma anche elementi che raffigurano sciatori e fiocchi di neve. Dalle meccaniche della vita di paese, all’oggettistica per l’utenza turistica, fino alla musica: accompagnato dal maestro Mammola, Donatelli ha fatto suonare il ferro sull’incudine raccontando una ricerca ed esperimento musicale per studiare le geometrie pitagoriche del suono del ferro battuto.
Poesie per il paese si è concluso in piazza evocando un altro poeta contadino studiato dal prof. Sabatini: Antonio De Matteis, pescolano, che nel cinquecento scriveva componimenti odeporici che cantavano l’amore, la vita di campagna e il paese. Una circolarità, quella tra poesia e paesanità, che traduce il senso della “terza geografia” di Mosesso: raccontare luoghi marginali in cui si stanno perdendo sapienze antiche che bisogna recuperare in forme che siano terze alla sterile alternativa tra abbandono o banalizzazione turistica e nostalgica. Raccontare, per rianimare, una vita che scorre sottile e preziosa sotto la pelle del paese.
“È questo il compendio di una geografia che non si studia a scuola, che insegna la dermatologia dei sassi e a percepire / il guasto nel paniere dei paesaggi. / Un’ecografia su corpi e territori […] una disciplina di costole e tralicci, carne e cielo: / la terza geografia”.
Francesca Sabatini
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