È stato infatti documentato che lo stupefacente, proveniente da alcune province del nord Italia, veniva lavorato dagli indagati che lo mischiavano con altre sostanze (il cosiddetto “taglio”). Veniva poi suddiviso in singole dosi pronte alla vendita al dettaglio. Durante l’indagine sono state registrate circa duemila vendite avvenute sulle piazze di spaccio marsicane.
Le compravendite di droga erano concordate soprattutto tramite contattati sulle piattaforme social, nel tentativo di eludere i controlli delle forze dell’ordine.
Gli appuntamenti per la consegna avvenivano sempre in luoghi differenti delle cittadine coinvolte e gli spacciatori prestavano attenzione nel trasportare le sole dosi necessarie alle singole vendite contrattate. Un modo per evitare l’eventuale arresto in caso di controllo da parte delle forze di polizia.
Nonostante ciò, nel lungo periodo d’indagine, gli investigatori hanno arrestato in flagranza diversi indagati e sequestrato nel complesso circa 100 grammi di cocaina, denaro contante e veicoli utilizzati per il trasporto della droga. Materiale tolto dalla disponibilità degli indagati e destinato alla distruzione e alla confisca da parte dell’autorità giudiziaria.
Negli stessi periodi sono stati segnalati alla Prefettura dell’Aquila diversi consumatori di stupefacente residenti nella marsica. Molti degli acquirenti, tra cui giovani studenti e affermati imprenditori e liberi professionisti, sentiti in merito alla compravendita dello stupefacente, hanno confermato le modalità di acquisto, irrobustendo gli elementi probatori già acquisiti dai militari.
Il G.I.P. del Tribunale di Avezzano ha quindi riconosciuto l’attualità delle ipotesi delittuose contestate, il pericolo di reiterazione dei reati e la pericolosità dei soggetti coinvolti raggiunti dalle differenti misure cautelari. Tutti gli arrestati saranno sottoposti all’interrogatorio di garanzia nei prossimi giorni.
Nella fase degli arresti e delle perquisizioni, appena concluse, sono stati sequestrati alcuni grammi di hashish e 11.300 euro trovati in casa di uno degli indagati, probabile provento dell’attività di spaccio".
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