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lunedì 27 settembre 2021

"LA CLEMENZA DI TITO SALVA TAJANI. I BERLUSCONES RESTANO ATTONITI DOPO LA GAFFE SUL TRIBUNALE CHE NON SAREBBE PRESIDIO DI SICUREZZA MENTRE GIANNI LETTA SI PRODIGAVA PER SALVARE GLI UFFICI GIUDIZIARI ABRUZZESI"

SULMONA – "Sarà che Antonio Tajani è pronipote di Pietro Badoglio, oppure sarà vero che, come riporta Il Foglio di Ferrara, Pietro Badoglio sarebbe stato testimone di nozze dei nonni di Antonio Tajani, fatto sta che Vittorio Masci ieri sera non si aspettava una uscita come quella sulla irrilevanza dei tribunali sul fronte della sicurezza. Eppure l’ex Presidente del Parlamento europeo, indispettito dell’impegno assunto il giorno prima al Comune dal presidente della commissione antimafia, sen. Nicola Morra, ha detto proprio questo: che non sono i tribunali a garantire la sicurezza. Vanno in malora anni di battaglie per legare il destino del tribunale a quello del supercarcere di Via Lamaccio (che non solo sopravvive, ma si rafforza con nuovo posti per una società sempre più marcia che ha bisogno sempre più di carceri); lo spauracchio della malavita, che si fortifica dove i territori rimangono sguarniti di giudici e, di conseguenza, di carabinieri e poliziotti e finanzieri, è un falso problema, a sentire l’esponente di Forza Italia, giunto in ritardo in Piazza XX Settembre, sollevando dall’attesa una decina di probabili elettori e una decina di giornalisti. Erano desolati i pochi supporter di questa sedicente Destra.

Siamo andati via prima che Tajani giungesse, ma immaginiamo la cocente delusione di una persona per bene come l’avv. Tito Autiero, che ci aveva telefonato la mattina per suggerirci di dare risalto a quello che aveva detto Morra. Tito Autiero, che aspettava Tajani insieme agli altri nove sostenitori e a dieci giornalisti, propugnava questa tesi con il fervore e l’efficacia, l’irruenza educata e la convinzione del compianto genitore, l’avv. Giovanni Autiero, che quando si trattava di sostenere Sulmona stava sempre in prima linea e mai avrebbe perdonato delle defezioni di questo tipo, lui che da liberale irruppe gridando nella redazione del Giornale d’Italia a Roma perché la polizia teneva bloccata sulla Salaria una colonna di auto provenienti da Sulmona qualche tempo dopo lo Jamm mo’ e, al caporedattore che chiedeva chi fosse, il corrispondente Vincenzo Masci rispose “Un liberale di Sulmona” provocando l’ulteriore domanda: “Ah, un liberale, pensa che fanno gli altri…”.

Tutto lo slancio, l’ardore in qualche caso, la disinteressata voglia di lasciare ai posteri una città ricostruita dopo che pezzo per pezzo è stata disgregata: tutto sepolto dalle parole di Tajani, che hanno dato facile spunto all’avv. Elisabetta Bianchi, candidata sindaca di altra formazione politica, di sturare le orecchie a Tajani, proprio stamane, spiegandogli l’abc del funzionamento delle istituzioni, a incominciare dal tribunale, per passare ai Carabinieri, alla Polizia, all’agenzia delle Entrate, cioè a tutta la filiera che il Tribunale si porta via.

E indirettamente, senza farglielo pesare, ma lasciando che si capisse, Bianchi ha letto a Tajani una pagina di vademecum minimo di come si fa la campagna elettorale: prima di tutto, non è che per uno sbotto di gelosia sul proclama di un avversario si può dire che una istituzione cittadina, l’ultima rimasta, non ha un motivo di esistere. A questo ha già pensato Andrea Gerosolimo, ma per un lapsus dovuto ad oggettiva difficoltà ad esprimersi mentre è sotto tensione. La vecchia guardia è sempre dalla parte dell’impegno, tanto è vero che Gianni Letta proprio ieri faceva sapere che si sarebbe impegnato nella difficile battaglia. Chissà che non siano volate bacchettate sulle mani al rientro a Roma…

Insomma, una cosa che poteva passare sotto silenzio, quasi, visto che c’erano al massimo dieci supporter, quin…"

Elisabetta Bianchi

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