SULMONA - "Il clamore diffusosi in questi ultimi giorni per i casi di contagio nel centro di accoglienza di Pettorano sul Gizio desta sincera preoccupazione e, fuori da ogni buonismo romantico, profonda amarezza.Quel senso di appartenenza universale, di empatia e di condivisione che pure ci aveva visto uniti nei difficili mesi trascorsi, e che ci aveva spinto a condividere la preoccupazione di quanti erano risultati positivi a questa terribile pandemia, senza neppure interrogarci sul come l’emergenza era stata gestita da alcune strutture sanitarie locali e sulle vere ragioni dei focolai diffusisi anche da noi, è stata immediatamente sostituita dal dito puntato, dalla paura che si fa, in un attimo, forcone e manganello.
Non è raro imbattersi in capannelli che, sotto la noiosa canicola estiva, sono tornati a cantare, con voce gracchiante, il vecchio ritornello dei migranti “approfittatori”, “falsi” rifugiati e “turisti di ventura”, accolti in hotel a cinque stelle, armati di Iphone e, addirittura, barboncino, beatamente immersi in quel mare di soldi (i famigerati 35 €, forse 50, magari 100!) che invece “i nostri poveri ragazzi se li sognano, signora mia!”.
Per non parlare di chi, con l’accoglienza, avrebbe fatto i miliardi, e che dietro il terribile velo umanitario, celerebbe i più biechi fini affaristici.
Ed ecco allora riemergere da quell’ombra in cui li avevano costretti le dichiarazioni avventate dei loro leader (quel negazionismo d’accatto che in un colpo solo e senza tema di paradosso, si tramuta in irrefrenabile allarme) “legioni” di sovrani difensori della sanità nazionale, mai sopiti profeti della sventura che viene dal mare.
Il problema, per carità, è certo complesso, e sarebbe davvero stolto rintanarsi nell’accoglienza senza se e senza ma ed ignorare gli errori che, certo, sono stati fatti, innanzitutto da chi poteva e doveva impedire che dei poveri cristi, dopo un viaggio d’inferno, venissero in tutta fretta smistati senza i dovuti controlli su tutto il territorio nazionale, comodi “untori” da additare al pubblico dileggio da parte di chi, evidentemente, non vedeva l’ora di tornare a sventolare come clava la bandiera dell’italianità e organizza ora dei sit in ...e chi se ne importa degli assembramenti e delle mascherine!…, “prima il Covid Italiano!”.
Ma la paura non può essere usata, una volta ancora, come arma di distrazione di massa e la nostra terra merita, onestamente, molto di più.
Come Sardine e, ci sia consentito, come orgogliose Sardine Peligne, rivendichiamo la grandezza dell’essere umano, la necessità che ogni individuo, di qualunque razza e colore, venga riconosciuto come parte insostituibile dell’umanità, soggetto da tutelare e proteggere, sempre, tanto più nel momento del bisogno e della malattia.
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