SULMONA - "Per meglio definire le problematiche insite in quella che non è sminuente affermare essere una delle realtà più importanti d'Italia sarebbe opportuno effettuare un excursus storico.L'attuale struttura ebbe ad essere inaugurata nel 1993 allorquando prese il posto di quella che per più di un secolo aveva occupato gli spazi dell'Abbazia Celestina e non più consona, con la sua struttura arcaica ed obsoleta, a rappresentare i nuovi modelli fondati sull'ordinamento penitenziario varato nel 1975 e ulteriormente modificato da decreti successivi non ultimo quello deliberato nel 1986 e dai più conosciuti come Legge Gozzini.All'atto dell'inaugurazione erano più di 300 gli uomini della polizia penitenziaria a governarne l'utilizzo.
Col tempo il loro numero si è andato mano mano e sempre più assottigliando tanto da portare le organizzazioni sindacali a manifestarne il proprio dissenso attraverso diverse manifestazioni di proteste culminate, con una forte presa di posizione da parte delle stesse, in una poderosa manifestazione dinanzi i cancelli dell'allora provveditorato di Pescara ed allora capeggiato dal provveditore dr.Gaspare Napoleone.
Seppur con non pochi problemi riuscimmo a strappare l'impegno di inviare in servizio di missione una dozzina dy persone provenienti da tutte le parti d'Abruzzo e del Molise.
La situazione ideale la raggiungemmo comunque in occasione di due eventi in particolare:
La chiusura temporanea nel 2004 del carcere di Avezzano a causa di obbligati lavori di restauro; y
la chiusura limitata a circa 6 mesi del carcere dell'Aquila in occasione del sisma del 2009 ( in questo caso il DAP diede ulteriore linfa alla causa permettendo ai colleghi colpiti dal terremoto di essere distaccati anche da sedi extra distrettuali)
In tali circostanze,infatti, tutti i poliziotti facenti capo a tali strutture vennero messi nelle condizioni di scegliersi una sede ove, seppur temporaneamente, prestare servizio.
Fu proprio in tali occasioni che la casa di reclusione di Sulmona sperimento' il massimo dell'efficienza in ordine a garanzie nell'applicazione sia delle regole penitenziarie che dei diritti dei lavoratori.
Furono limati i congedi ordinari accumulati; applicate correttamente le regole sugli orari di lavoro ( 6 ore) e non le attuali 8 se non 12 ore continuative;
rispettate le richieste delle organizzazioni sindacali in tema di piante organiche poiché l'unica da sempre riconosciuta,e cioè quella che prevede 310 unità di polizia y penitenziaria, solo in questi casi venne raggiunta e con tutti i suoi positivi risvolti.
Purtroppo, dopo la breve parentesi pseudo positiva del terremoto del 2009, tutto è andato in frantumi.
Il personale aquilano fu rispedito com'era giusto che fosse a l'Aquila;
Quello distaccato da carceri del nord rimandato in sede;
piante organiche riviste in negativo tanto da trasformare il numero 310 che inneggiava nella pianta organica ministerialmente riconosciuta del 2001 in un numero che sa molto di beffa vale a dire 267.
Ben 40 poliziotti in meno a fronte di un'età media sempre più elevata e che sta trasformando un ex efficiente plotone di forze fresche in un ammaccato raggruppamento geriatrico visto che da tempo abbiamo superato la fatidica soglia media dei cinquanta anni.
Il tutto senza contare il fatto che nel 2013 la casa reclusione di Sulmona ha visto trasformata la propria circuitazione. Infatti da una situazione di promiscuità penitenziaria( fino a quella data si viaggiava su un sistema misto fatto di detenuti di media sicurezza ed internati ai quali venivano fatti accompagnare due sezioni ex AS3 e due AS1) si è passati ad una più contenuta ma sicuramente più pericolosa circuitazione fatta di 400 detenuti esclusivamente AS( alta sicurezza) e collaboratori di giustizia ( in sostanza una vera e propria bomba ad orologeria considerate le peculiarità di avere una natura completamente contrapposta ed il che in un carcere è tutto dire).
In occasione dell'ultima decretazione organica, avvenuta a dicembre 2017 , Sulmona ha visto solo lievemente aumentare il suo numero di base (267 appunto) ma sempre lontano anni luce da quella che riteniamo essere sempre l'unica riconoscibile vale a dire quella che prevede 310 persone in pianta stabile anche se al netto di quella che invece andrà a riguardare il nuovo assetto carcerario derivante dell'inaugurazione del costruendo nuovo padiglione e che,com'è risaputo, porterà oltre a nuovi posti di servizio anche il potenziale arrivo di ulteriori 200 detenuti sempre ad alta sicurezza.
Visto quanto sopra non si può non denunciare una situazione esplosiva e prossima a deflagrare se presto non saranno apportati correttivi.
Da quello che è dato vedere, ahimè, più che migliorare la situazione è destinata a peggiorare visto che a colleghi che saranno trasferiti altrove subentreranno diverse donne il che non collima assolutamente con le richieste e necessarie forze maschili uniche, in un carcere che ospita esclusivamente detenuti maschi, a poter far rifiatare chi, non solo non c'è la fa più a sostenere ritmi fatti non di 6 ore di lavoro come prevede il contratto bensì 8 e spesso 12 ore di logoranti e stressanti turni di servizio ma si ritrova a fare i conti con un'età avanzata e cumuli di deficienza psico fisiche sulle spalle.
Il Comune ed il Prefetto bene farebbero ad appoggiare la vertenza e per due chiari motivi:
-Assicurare la sicurezza, se non agli operatori penitenziari( a questo ci dovrebbe pensare il ministero di appartenenza), ai cittadini;
-aumentare la demografia e l'indotto che ne deriverebbe qualora 60 (frutto dell'eventuale riconoscimento della volontà delle organizzazioni sindacali in tema di effettiva pianta organica) nuove famiglie venissero ad appoggiarsi in Valle Peligna rilanciando positivamente un trend estremamente deficitario in tal senso".
Mauro Nardella
Segretario confederale Uil CST Adriatica Gran Sasso.
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