Le parole del Vescovo, Angelo Spina,afferma Mario Pizzola, sono stimolo e spunto di riflessione per tutti, non solo per chi ha responsabilità nella gestione della cosa pubblica. La grave crisi in atto, che da noi colpisce più duramente che altrove, è anche la fine di un ciclo. Non è pensabile riproporre un modello di sviluppo che aveva un senso quaranta anni fa ma non oggi. La globalizzazione dei mercati è una molla che spinge a delocalizzare gli investimenti. Così il nostro territorio è diventato poco appetibile, tranne che per una categoria di investitori: quella degli insediamenti altamente impattanti ed insalubri. Costoro hanno focalizzato la loro attenzione sulla Valle Peligna perchè proprio qui hanno intravisto una serie di condizioni particolarmente favorevoli: risorse ambientali sostanzialmente integre e quindi da saccheggiare, disoccupazione elevata, una classe politica in gran parte acquiescente o distratta.Ma quella che, per questi neo colonizzatori, sembrava una passeggiata, si è invece rivelata una strada molto accidentata. Perchè non solo l'economia, ma anche i cittadini stanno cambiando. Parole come consapevolezza, dignità, diritto a costruire il proprio futuro fanno parte ogni giorno di più del lessico e del comportamento della nostra gente. E' una lotta non facile, perché chi non si piega al grande ricatto dell'economia globalizzata rischia di essere considerato fuori dalla realtà. Eppure, paradossalmente, proprio l'asprezza della crisi rende più squillante ed ineludibile la domanda del Vescovo : su quale modello di sviluppo pensiamo di puntare? Chiare tracce di risposta sono insite in quel suo richiamo a vigilare contro certi "appetiti", ad aver cura del territorio e dell'ambiente, a valorizzare i prodotti tipici, ad incrementare il turismo di qualità. Insomma, sembra dire Angelo Spina, possono portarci via le fabbriche che chiudono ma nessuno può rubarci le nostre risorse e le bellezze naturali, le nostre specialità, i nostri beni culturali e la nostra storia : è questo il "capitale" su cui investire per costruire un altro modello di economia, un modello che ponga al centro l'uomo e non il profitto, che non misuri il ben-essere solo sulla base del prodotto interno lordo. Utopia? Non è forse più utopistico affidarsi alla logica soffocante di quel mercato globale che rende tutto provvisorio e vulnerabile?
Nessun commento:
Posta un commento