CAMPO DI GIOVE - "Una comunitá in festa ai piedi della Majella... tra panificazione, festa del raccolto e memoria storica.A Campo di Giove da 5 anni ad inizio ottobre si fa festa. Come si faceva nella tradizione contadina, ma riproposta con una nuova veste. Si potrebbe dire che si festeggiano la panificazione e il raccolto, ma in realtá si festeggia prima di tutto la comunitá. Si Semina il Futuro.
Un paese è un sistema complesso, piú di quel che sembra, composto da micro-comunità che rappresentano stili di vita diversi, di chi lavora tutto il giorno e il paese non lo vive, di chi ci lavora, di chi lo vive negli spazi sociali, di chi non trova il posto per sé o per ciò che vorrebbe esprimere.
Cosí ho vissuto questi due giorni a Campo di Giove, in cui l’8 e 9 ottobre si è svolta l’iniziativa “Seminare il Futuro”, organizzata dalla Cooperativa di Comunitá Tavola Rotonda.Sabato mattina la festa è iniziata con la panificazione di comunitá, nella piazzetta di San Paolo nel centro
storico. Un luogo incredibilmente affascinante, purtroppo abitato tutto l’anno da poche persone. Per questoiniziative che rianimano le piazze portano linfa di vita nei paesi. Camminando si sentivano i profumi della pizza gialla di mais di Rossella, di pizzelle e di panzanella al pomodoro, seguiti poi da quello del pane di farina di solina. Un pane ricco di nutrienti, povero di glutine e riscoperta rigenerante per il territorio che la Cooperativa di Comunitá stessa ha intrapreso da un anno. Il risultato dei primi pani sfornati dalle sapienti mani di Francesca di Cansano è quindi davvero una grande festa!
Ma non solo, le zucche, l’aglio rosso di Sulmona e i prodotti degli orti salvati di Angelo da Pacentro,
impreziosivano con altri colori, insieme alla zuppa di “cazzareje e faciol” della pensione ristorante Belvedere.
Nel pomeriggio, con la presentazione del libro “I paesi invisibili” di Anna Rizzo, antropologa amante dell’area che ha contribuito al recupero della memoria di Frattura (Scanno), la festa è stata anche un momento di riflessione e dibattito sull’abitare i paesi, le difficoltá strutturali e la paura di perdere memoria e il senso di abbandono. Lei ha offerto il punto di vista dell’antropologia e dell’esperienza personale. Memoria e racconto che sono state protagoniste il giorno seguente, la domenica, con gli anziani del paese che tra risate, storie e stornelli, hanno raccontato la vita in paese di quando erano bambini negli anni ’40, della vita da pastori e del lavoro delle donne per portare avanti la casa, famiglia e agricoltura... “Peró eravamo felici”.
Il pranzo di comunitá per festeggiare il raccolto è stata una esplosione di colori e sapori, coinvolgendo i diversi ristoratori di Campo di Giove. A partire dai prodotti del territorio e in particolare quelli della Cooperativa di Comunitá Tavola Rotonda, hanno preparato incredibili piatti che si sono sommati ai “cazzareje e faciol” del giorno prima, come il “tortino di polenta su vellutata di cecpec” del ristorante La Scarpetta di Venere, le “pallotte cacio e ova al sugo” dell’hotel ristorante Abruzzo, immancabili i formaggi del Caseificio Majella e per finire i “frascarei” e “i facioloni alle erbette”, della signora Ilde per la comunità di scopo di Slow Food.
Per richiamare le tradizioni non poteva mancare il “pizzellato” della signora Annamaria, un dolce preparato con ben 40 uova che le mamme preparavano alle figlie al settimo mese di gravidanza e le immancabili “pizzelle dolci” dell’Antica Biscotteria di Angela. La cosa piú bella? Che tutte queste attivitá sono associate alla Cooperativa e insieme lavorano in modo virtuoso, anche se complesso e con le difficoltá che collaborare puó portare, per valorizzare tutto il paese, quel che produce e chi lo abita.
Il buon cibo peró deve anche esser spiegato e raccontato, perché il lavoro di custodia dei semi non è semplice, ma ad oggi fondamentale. La relazione congiunta della Cooperativa di Comunitá e la costituita comunitá di Slow Food per la valorizzazione del fagiolo Gialletto campogiovese, ha avuto proprio questo scopo: oltre al gustare piatti prelibati e vivere di uno scenario da favola, circondati da musica e aria di festa, il racconto ha sottolineato il lavoro di recupero che c’è dietro l’esplosione dei sapori provata. Ci si è detti “il fagiolo è un pretesto per parlare di identitá, per fare comunitá”. Qui ce ne erano di tutti i colori (nel vero senso della parola) tra Fagioloni, Socera e Nora, Poverello e l’autentico Gialletto".
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