SULMONA - "E’ polemica aperta, a Sulmona. Dentro il tempo lento della quaresima, i cittadini, stretti intorno ai due pii sodalizi, si preparano a commemorare i riti della Settimana Santa. Ma qualcosa non va; da qualche anno si raccolgono voci di malcontento che hanno per oggetto, in particolar modo la “processione del venerdì Santo”. Certo è che la “processione” non è più la stessa, quella che con la intera città si identificava , allo stesso modo, dal 1750.
E’ vero. Si raccolgono firme. La firma è la volontà democratica del popolo di Sulmona che chiede specificamente all’Arciconfraternita della SS. Trinità “che venga eliminata la presenza dei megafoni, che venga ripristinato il precedente percorso attraverso Piazza Plebiscito, che il rientro della processione si svolga come da tradizione, senza che il suo procedere venga interrotto dinanzi al Palazzo dell’Annunziata, che venga regolamentata l’attività dei fotografi evitando o, quanto meno, limitando la loro intromissione nella processione”.
Sono, queste richieste, nient’altro che” lo spirito di una collettività di fronte ad uno spettacolo affascinante sorretto, sì, dalla fede, ma essenzialmente dalla modulazione di riflessi trasmigranti dalla rappresentazione esteriore all’anima della folla”. Francesco Sardi De Letto, noto autore dei volumi “La Città di Sulmona”, riferendosi alla processione del Venerdì Santo così sintetizza l’animo dello spettatore ; e prosegue “…chi fa della morte il personaggio principale di una rappresentazione, al solo scopo di scuotere lo spettatore, deve fare in modo che il personaggio, nell’abbandonata posa dell’orizzontalità, nella inquadratura solenne, nella dimostrata attenzione in tutto ciò che si ebbe ed ora più non si ha, non defletta in nessun punto, non cada in eccesso disturbevole o in difetto, ma si sollevi e si uniformi, sapendone prendere il contatto, nell’ambientazione interiore e in quella esterna”… “ non è questa una rappresentazione sacra, ove la standardizzate stazioni della Passione, come in altri luoghi avviene, sono motivo di svago e non di meditazione, e le persone si mascherano da giudei o da cristi, da veronica o da vèlite, con movenze stereotipate ed a volte suscitatrici di riso, ma una vera e commovente celebrazione della Morte. E’ un funerale fuori classe, che si ripete da decine d’anni, nel quale il giacente conserva la pena dell’umanità e lo slancio della redenzione e del conforto”. Ma per far bene, scrive Sardi De Letto, bisogna che la manifestazione assuma “bella forma e con alito d’Arte” ; e prosegue” di ciò i buoni Fratelli dell’Arciconfraternita della Trinità sono da secoli convinti, ragione per cui hanno trovato nella più spettacolosa morte che l’uomo da millenni ha assunto nel proprio spirito, l’atto persuasivo, direi, l’atto principe, della loro passione liturgica.” Invito tutti e rileggere l’intero capitolo dedicato alla “due confraternite” così quella che a primo acchito sembra polemica altro non è che il desiderio della intera città di recuperare il tempo in cui la bellezza delle forme ,l’armonia dei particolari, le cento voci di contrizione e di mestizia, e il passo pesante e strascicato del pentimento, siano l’unica sofferta voce del silenzio , da offrire ad un Dio che ha scelto per esserci vicini la condizione più ultima della Morte e di una Madre che ha scelto per esserci più vicini, di farsi trafiggere il cuore dal dolore più grande".
Beatrice Ricottilli
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