SULMONA – In 500 hanno visitato lo scorso week end il campo 78 di prigionia di Fonte d’Amore in occasione delle Giornate di Primavera del Fai. Ricordare, conservare e valorizzare: questi i tre verbi lanciati da Rita Quaranta, referente del Fai per Sulmona, che riassumono il nobile significato dell’iniziativa. “ Non possiamo riscontare in questo luogo una qualità architettonica- spiega Quaranta- ciò che conta è la memoria”. A spiegare la storia sono stati gli studenti del Polo Umanistico di Sulmona. “ Abbiamo visto dei volti stupiti- raccontano i giovani- molti non conoscevano il numero dei prigionieri che hanno trascorso le guerre in questo campo.
Abbiamo incontrato diverse persone anziane che sono accorse per rivedere i luoghi di prigionia vissuti dai loro genitori”. I più giovani sono diventati dunque custodi della storia. Grande l’impegno dell’esercito di Chieti che ha aperto il campo e dei volontari delle frazioni che si sono occupati del decoro. Il campo 78 è stato costruito per i prigionieri della prima guerra mondiale (1915-1918). Vi furono sistemati quelli di nazionalità austro-ungarica, impiegati in operazioni di rimboschimento, lavori agricoli e artigianali. L’epidemia, la “spagnola”, provocò la morte di oltre 400 persone, sepolte in seguito nel sacrario di guerra austro-ungarico nel cimitero comunale di Sulmona. Durante la seconda guerra mondiale (1940-1945), al Campo fu assegnato il n.78 e divenne luogo di detenzione dei prigionieri alleati anglo-americani, catturati prevalentemente nella campagna d’Africa. “ In questa fase- spiega Anna Rita Glisetti, funzionario Mibac- i tedeschi puntavano alla morte intellettuale dei prigionieri. I residenti del campo non subivano particolari supplizi ma non potevano fare quasi nulla e chi non fa muore intellettualmente”.
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