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martedì 17 giugno 2025

"PREMIO NAZIONALE PRATOLA 2025, UNO STRAORDINARIO SUCCESSO"

SULMONA - "Il reportage della manifestazione nello splendido scenario dell’Abbazia morronese a Sulmona. Si rivela tutta insieme, nella sua magnificenza, al visitatore che vi arriva. Se è con il sole del pomeriggio avviato a scendere verso il tramonto, l’imponente complesso dell’Abbazia di Santo Spirito al Morrone restituisce un colore dorato che ne esalta le architetture. “Un tesoro d’arte e di storia – scriveva lo storico Mario Setta, che ben la conosceva da vicino –, di bellezze e di sevizie: l’abbazia celestiniana, la più grande dell’Italia centrale, situata in Badia di Sulmona, un fabbricato a pianta rettangolare di m.119 ×140). All’arrivo di Fra Pietro Angelerio, nel 1241, c’era una cappella dedicata a S. Maria, che cercò di ampliare. In seguito, verso la fine del XIII secolo, fu costruita una chiesa dedicata allo Spirito Santo, con convento annesso, sulla base dello stretto rapporto che Fra Pietro aveva stabilito con la teoria di Gioacchino da Fiore (1130-1202). Una teoria teologica d’avanguardia e che dimostra come Celestino V papa non fosse di “scarsità di dottrina”, come dichiara nel testo delle dimissioni.



 Nell’abbazia sono visibili diverse rappresentazioni pittoriche della colomba, simbolo dello Spirito Santo. Secondo Gioacchino da Fiore, la storia degli uomini si basa sul modello della Trinità, scandito in tre tappe: èra del Padre, predominio della Legge e della schiavitù; èra del Figlio, predominio della Grazia; èra dello Spirito Santo, predominio dell’Amore, della libertà, della Pace, un’èra in cui avrebbe avuto luogo l’avvento del ‘Papa Angelico, il successore di Pietro che si eleverà in sublimi altezze’, al quale ‘sarà data piena libertà per rinnovare la religione cristiana e per predicare il Verbo di Dio… la gente non sguainerà la spada contro i propri simili e nessuno si addestrerà alla battaglia’. […]. All’interno dell’abbazia c’è la chiesa a croce greca, che presenta due pregevoli opere in legno: l’organo, eseguito dal milanese G. Battista Del Frate nel 1681 e il coro di Leonardo Macchione di Pacentro. E la Cappella Caldora, con affreschi attribuiti a Johannes de Sulmona e in una nicchia ad arco semicircolare il monumento sepolcrale dei Caldora, scolpito nel 1412 da Gualterius de Alemania”.





È in questo gioiello dell’architettura religiosa abruzzese – che fu casa generalizia dei Celestini di Pietro del Morrone e che con gli eremi costituisce in Abruzzo uno straordinario unicum – dove sabato 14 giugno, in un meriggio di luce e un cielo terso che orla di blu il monte Morrone e le altre cime d’intorno alla Valle Peligna, si tiene la XVI edizione del Premio Nazionale Pratola. Organizzato dall’Associazione culturale Futile Utile, ne sono anima e motore i giornalisti Ennio e Pierpaolo Bellucci. Quando vi arrivo, qualche minuto dopo le 17, la facciata della chiesa risplende. La navata è interamente esaurita in ogni ordine di posti, come lo sono le due cappelle del transetto. E già la voce splendida del soprano Chiara Tarquini riempie con note di velluto l’ampio tempio celestiniano. Presente al completo la rappresentanza peligna nelle Istituzioni: la senatrice Gabriella Di Girolamo, la vicepresidente del Consiglio Regionale Marianna Scoccia e la consigliera Antonietta La Porta, i primi cittadini Antonella Di Nino di Pratola Peligna e Luca Tirabassi di Sulmona, fresco d’elezione e d’insediamento della sua Amministrazione. Dopo un po’ arriva da Castel di Sangro anche il presidente della Provincia, Angelo Caruso. Presente il vescovo di Sulmona Valva, Mons. Michele Fusco, e tutte le autorità militari e delle Forze dell’ordine nella città di Ovidio. Nelle prime file, a sinistra, gli insigniti del Premio 2025. A condurre l’evento, con la consueta bravura, è il giornalista Enrico Giancarli, in diretta televisiva su Rete 8, la testata per la quale lavora. 






Madrina d’eccezione del Premio per l’edizione 2025 l’inviata del TG1 Stefania Battistini, impegnata all’estero sui fronti di guerra, e un Testimonial davvero di rango elevato, qual è il poeta, scrittore e traduttore Hafez Haidar, due volte candidato al Nobel per la Pace e per la Letteratura. Impossibilitato a presenziare, il prof. Haidar ha inviato dalla Brianza un videomessaggio molto intenso, che richiama e invoca il dialogo e la pace, specie in questo tempo insanguinato dalla guerra in Medio Oriente, dall’orrore del pogrom del 7 ottobre e soprattutto dal massacro di innocenti nella striscia di Gaza, vittime dei bombardamenti israeliani, delle privazioni e della fame. Sono seguiti i saluti delle Istituzioni, concordi nel rilevare l’eccellenza di un Premio che anno dopo anno accresce il suo prestigio e travalica con la sua eco positiva anche in confini nazionali. Toccante il saluto di Mons. Fusco, che sceglie non le sue, ma le parole di pace di papa Francesco, ascoltate in piedi come una preghiera, in un moto spontaneo di condivisa invocazione. Non formale il saluto di Ennio e Pierpaolo Bellucci, che al fardello delle difficoltà ogni anno da superare oppongono la tenacia, la determinazione e soprattutto la passione. Non si comprende perché mai Ennio affermi che questa XVI edizione è per lui l’ultima. L’uomo ha una cifra tutta singolare, in cui la serietà e la facezia hanno un confine assai sottile, laddove spesso l’ironia sopravanza. D’altronde è sua la creatura e l’annuncio di staccarsene ha più il sapore d’una provocazione a chi deve intendere.





Ma ora è tempo di consegnare i riconoscimenti ai vincitor. Il primo è alla memoria dell’artista cui il Premio è dedicato: Marcello Mariani, un grande Maestro dell’arte informale, scomparso nel 2017. Marcello Mariani era nato a L’Aquila nel 1938. Allievo di Fulvio Muzi, si era formato all’Accademia di Belle Arti di Napoli, iniziando al teatro San Carlo i suoi primi lavori di scenografia. Nei primi anni Sessanta viaggia in Europa, conosce artisti a Berlino, ad Amburgo tiene una mostra personale. A Parigi conosce Sartre e gli esistenzialisti. Rientrato in Italia, nell’ambiente romano conosce Boille, Manzoni, Rotella, Lisi e Rauschenberg.  Con Rauschenberg intesse dialoghi franchi ed istintivi sulla pittura e sulla cultura. Con Boille, Lisi, Manzoni e Rotella vive gli anni infuocati delle contestazioni giovanili. Inizia ad insegnare all’Istituto Statale d’Arte dell’Aquila. Tra gli anni ’60 e ’70 si dedica con slancio alla pittura informale, sull’influenza di Alberto Burri, che conosce e frequenta in “Alternative Attuali”, importanti mostre internazionali d’arte contemporanea tenutesi all’Aquila nel 1962, ’63, ’65 e ’68, curate da Enrico Crispolti. 




I frequenti incontri con Mario Ceroli, Lucio Fontana, Alberto Burri e Carmelo Bene, imprimono nel giovane artista un influsso determinante sulla sua ricerca pittorica. Sempre più poetica ed anarchica la sua visione del mondo, per l’avversione al consumismo d’una società dominata dal mercato. Nel 1974 conosce Joseph Beuys e rafforza la sua convinzione in una terza via umana e sociale, fuori dal capitalismo e dal comunismo. Quello stesso anno espone insieme a Guttuso, Accardi e Consagra. Nel 1979 inizia il ciclo di viaggi in Oriente, in Madagascar ed in Australia, dove a Melbourne terrà due mostre personali, nel ’79 e nell’80. Proprio in Australia è conquistato dal fascino della cultura aborigena tribale, che ancor più gli fa scoprire il senso della materialità e dei colori della terra. Rientrato in Italia sviluppa la sua pittura arricchendola di tracce materiche più calde. Pittura quasi muraria, originaria e simbolica dell’essenza. Sono anni intensi d’incontri e contaminazioni, con Tullio Catalano, Berardino Marinucci, Enrico Crispolti e Antonio Gasbarrini, i quali presenteranno alcune sue mostre collettive. Numerose le sue partecipazioni ad esposizioni con le grandi firme della pittura contemporanea. È Daniele Mariani, figlio dell’artista, a ricevere il Premio, parlando in breve dell’arte di suo padre, della sua indole, del suo eclettismo. Dell’eredità artistica di Marcello Mariani da anni Daniele si cura, classificando le opere e ordinando lo straordinario patrimonio di lavori e documenti lasciati dall’Artista.

La prima delle insigni personalità a ricevere il premio è MAURIZIO DE GIOVANNI, scrittore, sceneggiatore, drammaturgo e autore televisivo. Suoi i romanzi “Il Commissario Ricciardi", “I bastardi di Pizzofalcone", "Mina Settembre”, da cui sono state tratte serie televisive di successo interpretate da Lino Guanciale, Alessandro Gassman, Serena Rossi. L'ultima sua pubblicazione da poco in libreria è “L'antico amore". Antonella Di Nino, sindaco di Pratola Peligna, gli consegna il premio. ANDREA LO CICERO VAINA, detto "Barone" per via delle ascendenze nobiliari della sua famiglia, è il secondo insignito. Giocatore di rugby di valore, anche con i colori dell’Aquila Rugby dal 2004 al 2007, pilone sinistro con 103 presenze nella nazionale italiana e ben 4 partecipazioni alla Coppa del Mondo, è attualmente Chef molto apprezzato, conduttore tv Gambero rosso e ambasciatore UNICEF. Lo Cicero ricorda, nel suo ringraziamento, gli anni trascorsi a L’Aquila e in Abruzzo, cui è rimasto fortemente legato con affetti ed amicizie.

È proprio il collega Ennio Bellucci a premiare ALESSANDRO ANTINELLI, giornalista e telecronista sportivo tra i più conosciuti ed apprezzati, caporedattore centrale di Rai Sport, mentre ricorda gli anni del suo servizio nella sede Rai abruzzese. È quindi il turno di AURORA RUFFINO, giovane ma già affermata attrice e scrittrice, in testa alle classifiche letterarie con il suo romanzo "Volevo salvare i colori". Commossa nel ricevere il premio dalle mani di Pierpaolo Bellucci e da chi qui scrive, il giovane talento letterario e della settima arte non ha mancato di sottolineare la suggestione del luogo e l’onore d’essere destinataria dell’ambito riconoscimento. Intanto l’attore Edoardo Siravo regala con la sua interpretazione un intenso momento lirico, declamando i versi di Jacques Prévert, “Questo amore”, poi altri versi del poeta Ovidio, che non poteva mancare qui nella terra che lo vide nascere oltre duemila anni fa come cantore massimo dell’Amore. Stacco musicale con Massimo Domenicano al pianoforte e Gianni Ferreri alla tromba, prima di riprendere la cerimonia di premiazione con l’atleta pescarese ASJA VARANI, campionessa europea e mondiale, vera regina del Pattinaggio corsa italiano.

ANTONIO DEL GIUDICE, per anni direttore del quotidiano abruzzese “il Centro", giornalista sensibile, scrittore e uomo di cultura, racconta i suoi anni in Abruzzo e le trasformazioni che la stampa sta vivendo. È Marina Marinucci, giornalista del Centro e ora Presidente dell’Ordine dei Giornalisti d’Abruzzo a consegnargli il Premio. Segue una proiezione internazionale del Premio, con la consegna del riconoscimento al chirurgo americano CHARLES L. CASTIGLIONE, legato all'Abruzzo anche per i natali della sua bella moglie. Il medico ha fornito un elevato contributo alla chirurgia plastica ricostruttiva e alla ricerca. Ma è soprattutto il suo lato umano e solidaristico, il sostegno reso ai più deboli, prestando servizio gratuito in Ecuador per aiutare i più bisognosi che viene sottolineato nella motivazione del conferimento del Premio. Viene quindi consegnato il premio a GIOVANNI D'ALESSANDRO, avvocato abruzzese, uomo di grande cultura, raffinato ed affermato scrittore, tornato recentemente in libreria, dopo qualche anno di assenza, con il suo nuovo romanzo "Lo sperduto", una storia d'amore a cerchi concentrici. Della sua grande sensibilità e della sua profonda cultura Giovanni D’Alessandro dà un saggio illuminante, parlando solo della magnificenza dell’Abbazia e del messaggio straordinario di perdono e di pace che Pietro del Morrone, poi diventato papa Celestino V, seppe irradiare al mondo in uno dei secoli più difficili per la Cristianità.

DANIELA D'ALIMONTE è un’altra autorevole esponente della cultura abruzzese. Dirigente scolastica, poetessa, dialettologa e ricercatrice, è profonda conoscitrice degli usi e dei costumi abruzzesi, come nella migliore tradizione deniniana. Il dialetto è la lingua delle nostre radici e un popolo senza la sua lingua non ha identità. Anche Gabriele d’Annunzio parlava in dialetto a Pescara, nel suo ambiente natale e con le sue amicizie. La scrittrice ne offre un esempio icastico, declamando alcuni versi del Vate. La cerimonia si conclude con la consegna del Premio Nazionale Pratola a quattro personalità di grande talento che portano in alto il nome dell’Abruzzo con il loro lavoro, la loro intelligenza, la loro competenza nei rispettivi campi di attività: RICCARDO LETTERIO, nato a Rocca Pia, giovane e brillante ingegnere che lavora per la Dumarey Group, azienda leader nella mobilità sostenibile, specializzata, in sistemi di propulsione, trasmissioni e soluzioni energetiche avanzate, con particolare attenzione sulle tecnologie a idrogeno ed elettriche, con il ruolo di Business Assistant al Ceo egli è di supporto all'Amministratore delegato dell'entità italiana; MARCELLO D'ANDREA, pratolano d’origine, neurochirurgo altamente qualificato, specializzato in neurochirurgia vascolare, responsabile della Struttura Neurochirurgica semplice dell’ospedale "M. Bufalini" di Cesena, è anche vicedirettore dell'Unità complessa; LUCA ZAVARELLA, di Pratola Peligna, ingegnere che per iCubed lavora come responsabile dell'area Data e Al, coordinando i gruppi di ricerca che si occupano di dati e di intelligenza artificiale, favorendo collaborazione, scambio di competenze e sviluppo di soluzioni alternative; SANTE VENTRESCA, docente e scultore, oltre mezzo secolo amorevolmente dedicato alle persone con disabilità, con coraggio, encomiabile costanza, grandi sacrifici e  caparbietà, è riuscito a creare la residenza  “Il Dopo di Noi - Villa Gioia” e il Centro diurno di Torrone, strutture fondamentali per la vasta area peligna. Una vita dedicata ai più deboli.

Si conclude così la XVI edizione del Premio Nazionale Pratola, con uno straordinario successo di pubblico e di critica, con il saluto e il ringraziamento del deus ex machina Ennio Bellucci, mentre non senza emozione annuncia la recente notizia ricevuta dalla presidente dell’Associazione internazionale VerbumlandiArt, Regina Resta, del conferimento del Premio d’Eccellenza “Città del Galateo”, riconoscimento prestigioso che gli sarà consegnato il 19 settembre a Gorizia, Capitale europea transfrontaliera della Cultura 2025 con la slovena Nova Gorica. Alle 19:30, conclusa in bellezza la cerimonia, la splendida chiesa dell’Abbazia offre agli sguardi del pubblico un’ultima occasione per ammirare le sue meraviglie, mentre il sole dell’occaso tinge di rosa i lineamenti concavi e convessi della sua facciata. Arrivederci al 2026".

di Goffredo Palmerini


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