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mercoledì 14 febbraio 2024

"DISASTRO CARCERI!CONTINUA LA MATTANZA DIETRO LE SBARRE. SABATO SCORSO L'ENNESIMO MORTO TRA I DETENUTI.POLIZIOTTI "COSTRETTI" A 15 ANNI IN PIÙ DI CARCERE RISPETTO A CHI LI HA PRECEDUTI PRIMA DEL 1995"

LATINA - "Poco dopo mezzanotte un detenuto d’origine indiana, 36enne, in attesa di primo giudizio per reati a sfondo sessuale, è stato rinvenuto suicida per impiccagione nel bagno della sua cella del reparto precauzionale della Casa Circondariale di Latina. A nulla sono valsi i soccorsi della Polizia penitenziaria. Dall’inizio dell’anno, è il 17esimo ristretto che si toglie la vita, cui bisogna aggiungere anche un appartenente al Corpo di polizia penitenziaria che, altresì, ha deciso di farla finita. La strage evidentemente continua, mentre dalla politica maggioritaria e dal Governo non si intravedono soluzioni. Neppure il Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, Giovanni Russo, audito mercoledì scorso dalla Commissione Giustizia della Camera dei Deputati, ha potuto indicare soluzioni concrete e immediate dopo aver ammesso le oggettive difficoltà del sistema. È evidente a tutti che continuando così si arriverà a un numero di morti di carcere impensabile per qualsiasi paese civile, e ciò è davvero inaccettabile”.Così la UIL  sul 17°suicidio di un detenuto dietro le sbarre.
Un dato talmente alto che non avrebbe memoria nell'Italia repubblicana.
"Quanto sta avvenendo nelle carceri, con suicidi, omicidi, risse, rivolte, aggressioni alla Polizia penitenziaria, traffici illeciti e, nostro malgrado, anche qualche fenomeno di possibile degenerazione indotta, come quello di Reggio Emilia, non può lasciare indifferenti e, soprattutto, non si può considerare ordinario; dunque, non è arginabile con strumenti ordinari. A tutto ciò si aggiunga che sono 14mila i detenuti in più, rispetto ai posti effettivamente disponibili, mentre alla sola Polizia penitenziaria mancano almeno 18mila unità, rispetto al reale fabbisogno. Il Ministro della Giustizia, Carlo Nordio, e il Governo Meloni prendano coscienza della perdurante emergenza, forse davvero senza precedenti negli ultimi 30 anni, e intervengano con misure straordinarie.
I fotogrammi provenienti dal carcere di Reggio Emilia e che emergono dal procedimento penale in capo ad alcuni appartenenti alla Polizia penitenziaria si autodescrivono e non hanno bisogno di particolari commenti. Anche noi siamo rimasti attoniti e sconcertati dalla loro visione, seppur parziale. Tuttavia, è evidente che essi non rappresentino il Corpo di polizia penitenziaria che, peraltro, attraverso i Nuclei Investigativi Centrale e Regionale ha condotto le indagini su delega della locale Procura della Repubblica. Non si può neppure parlare di poche o tante ‘mele marce’, ciò che è palesemente marcia è la cesta, è marcio il contenitore, è marcio il sistema carcerario e tende a far marcire tutto ciò che vi è dentro
Le carceri allo stato attuale, ben lungi dal perseguire il dettato costituzionale e rappresentare il tempio del diritto, attraverso il quale si possano scontare le pene in un percorso risocializzante utile al reo e alla collettività, sono in larghissima parte criminogene e luoghi dove spesso saltano le regole trasformandosi in centri e palestre del malaffare. Pensiamo addirittura che si pongano in dubbio gli stessi presupposti giuridici al loro mantenimento. Le indagini e i procedimenti penali a carico di appartenenti al Corpo di polizia penitenziaria sono ormai tantissimi e, più o meno a macchia di leopardo, su tutto il territorio nazionale. Spesso si concludono con assoluzioni o, comunque, con il sensibile ridimensionamento delle imputazioni; talvolta, nostro malgrado, con delle condanne. Così come nelle carceri innumerevoli sono i disordini, le risse, le aggressioni agli operatori; altissimo è anche il numero dei suicidi fra i detenuti e preoccupante quello fra gli appartenenti alla Polizia penitenziaria. Di fronte a ciò scaricare sui singoli, al di là delle soggettive responsabilità penali, significherebbe non voler per l’ennesima volta affrontare il problema alla radice. Conclamerebbe il tentativo della politica maggioritaria di declinare le proprie gravissime responsabilità oggettive per anni di malgoverno e abbandono.
Ripetiamo 14mila detenuti in più, 18mila appartenenti alla Polizia penitenziaria in meno, 1.800 aggressioni e 9mila resistenze e ingiurie a pubblico ufficiale all’anno, omicidi, traffici e violenze di ogni genere, comprese quelle sessuali; questo è il contesto penitenziario in cui si opera. Un vortice che evidentemente trascina e che è necessario fermare. Senza enfatizzazioni né ridimensionamenti, occorre che la politica prenda realmente coscienza delle immani deficienze e disfunzionalità delle prigioni e operi immediatamente su più fronti, senza ipocrisia e falsa retorica, per metterle in sicurezza e addivenire a riforme strutturali. Servono un decreto carceri per consentire cospicue assunzioni straordinarie con procedure accelerate e il deflazionamento della densità detentiva pure attraverso una gestione esclusivamente sanitaria dei malati di mente e percorsi alternativi per i tossicodipendenti"
Conclude la UIL.
Ma la UIL non è la sola a parlare di disastro penitenziario.
Ecco cosa dice l'Osapp sulle violenze della Polizia penitenziaria su detenuto a Reggio Emilia.
"Giusto indignarsi ma dovrebbe accadere sempre, anche quando in carcere  gli “abusati” sono i poliziotti.Violenze su un detenuto incappucciato, percosso e denudato nel carcere di Reggio Emilia nell’aprile 2023, orrore. 10 Poliziotti penitenziari contro uno, una spedizione punitiva alla Far West, manca solo lo sceriffo che stacchi la “corda” dal ramo e riporti la calma e l’ordine, provvedendo a disperdere i forsennati prima che accada il peggio.
Perché nel carcere di Reggio Emilia uno sceriffo non c’era quel giorno e nei precedenti, come in tanti altri istituti penitenziari, che sappia fare da riferimento e dia certezze al personale; neanche lo Stato c’era in quei momenti e le telecamere parlerebbero chiaro,  giusto indignarsi, giuste persino, forse, le campagne di stampa su giornali e televisione, come accadde per il carcere di Santa Maria Capua Vetere nel 2020 con decine e decine di poliziotti sospesi dal servizio o trasferiti e che ancora lo sono, per un processo che langue dopo le prime assoluzioni in abbreviata e che si immagina trascorrano ancora anni con annesse prescrizioni.
Perché la violenza dei più forti contro i più deboli ed indifesi è sempre fonte di riprovazione e di rabbia, ingenera sentimenti forti ed è facile schierarsi contro il “mostro” sbattuto in prima pagina; chi sostiene il contrario è complice o, almeno, in mala fede a voler giustificare ciò che giustificabile non è né mai lo sarà.
Solo che….sono davvero i poliziotti penitenziari i più forti nelle attuali carceri italiane? Da tempo non lo crediamo né lo vediamo più né troviamo in carcere quello Stato che pure la Polizia penitenziaria rappresenta e, nel rispetto delle leggi, tutela.
Le migliaia di aggressioni, le lesioni, gli insulti? A Firenze-Sollicciano un gruppo di detenuti dà a fuoco una sezione detentiva e le schegge di una bomboletta di gas gettata ed esplosa feriscono agli occhi due agenti, a Carinola i detenuti inveiscono ed insultano gli agenti mentre effettuano una perquisizione straordinaria in cui  trovano occultati droga e  decine di telefonini.
E’ così ogni giorno e chi in uniforme lavora nei reparti detentivi degli istituti penitenziari (di regola in perfetta solitudine anche con 50/100 detenuti da guardare) non è mai sicuro di tornare a casa incolume dopo il servizio e guai a sbagliare anche di poco, e non certo perché si è “toccato” un detenuto che allora la sospensione dal servizio a metà paga è assicurata, ma magari perché la divisa o le scarpe sono sporche (benchè siano sempre la stesse da anni) o  non si è salutato in modo adeguato il direttore o un superiore, oppure perché non si è riusciti a dare per tempo il cambio del turno, perché allora la sanzione disciplinare è automatica.
E’ in questo modo, con il personale in queste condizioni che lo Stato vuole fare prevenzione,  sicurezza e persino rieducazione nelle carceri? Lo sanno tutti che non funziona, che chi esce da queste carceri dopo avere scontato una pena, a meno che non sia un santo, ne esce peggiorato e a discapito della Collettività.
Il Ministro Nordio? Per le carceri e per la Polizia penitenziaria chi lo ha mai visto fino ad oggi? Dai  Sottosegretari alla Giustizia delegati solo dichiarazioni per risultati e conquiste inesistenti, certo buone per fare campagna elettorale magari alle Europee, ma non per altro.
Probabile, però, che i veri “forti” per il carcere ci siano, quelli che dalle scrivanie grazie al carcere guadagnano decine di migliaia di euro al mese che così li ha sistemati il politico amico o il prelato  di turno, che dovrebbero fare, dirigere, intervenire, migliorare  e che, invece,  stanno a guardare e basta, che tanto nessuno li tocca, perché in Italia nessuno mai guarda in alto e il dito semmai si punta solo verso il basso che è più facile e sicuro.
Un mondo quello penitenziario che odora sempre più di morte sia che si tratti di detenuti sia, così come evidenziato dalla UIL, che si parli di polizia penitenziaria.
Una realtà che non vede soluzioni e che vede sempre più crollare quel poco di terra che è rimasta sotto i piedi di operatori sempre più stanchi e costretti a fare i conti con ben 15 anni in più di carcere rispetto ai colleghi che li hanno preceduti prima della riforma.
Noi lo vogliamo sottolineare quest'ultimo dato perché pochi ne parlano ma nessuno si concentra abbastanza da tirarne fuori uno studio.
Sarebbe bello, a distanza di circa 30 dalla riforma pensionistica voluta dal governo Dini, cosa è stato capace di produrre, a parte i suicidi sempre più numerosi, l'aver zavorrato di ulteriori 15 anni quello che dopo 19 anni, sei mesi e un giorno ( tanti erano gli anni che gli ex agenti di polizia penitenziaria facevano prima di andarsene in pensione) già rappresentava un pesante fardello".

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