SULMONA - "Il Cogesa festeggia il finanziamento da parte della Regione di oltre 5 milioni di euro con cui, tra l’altro, verrà realizzato un impianto per la produzione di Css (Combustibile solido secondario). Ma per Sulmona e la Valle Peligna non c’è nulla da festeggiare perché questo impianto costituisce per i cittadini un problema in più e non una opportunità.E’ noto che il Css è un combustibile ricavato dai rifiuti urbani (plastica, carta, fibre tessili ecc.) che può essere utilizzato per alimentare cementifici, inceneritori e centrali termoelettriche. La legge consente, però, di impiegare anche rifiuti speciali non pericolosi provenienti da attività industriali, da aziende e presidi sanitari. Per poter alimentare l’impianto, quindi, occorreranno gli stessi materiali che invece devono essere avviati al recupero e riciclati. E’ evidente che si creerà una competizione nella quale è molto probabile che le esigenze della produzione di Css finiranno per prevalere sulla raccolta differenziata.
Il Cogesa esulta affermando che l’impianto per la produzione di Css “consente di recitare un ruolo a livello regionale”. Non per nulla la Regione ha sborsato i 5 milioni di euro.
Ma questo significa che l’impianto, per poter produrre in maniera ottimale, dovrà accogliere rifiuti provenienti da tutta la Regione e anche da fuori. Con buona pace dei residenti nelle frazioni dell’area pedemontana del Morrone che da anni lamentano il mai risolto problema dei miasmi e dell’intenso traffico di camion che trasportano spazzatura!
Per i sostenitori del Css questo sarebbe un modo positivo di riutilizzare i rifiuti. Ma non la pensa così l’Associazione dei medici per l’ambiente (ISDE Italia) la quale sottolinea, inascoltata, che l’impiego del Css come combustibile provoca “incrementi importanti di microinquinanti persistenti nell’ambiente, bioaccumulabili e tossici per la salute umana, quali metalli pesanti e diossine”.
E non la pensano così i cittadini di quei territori dove esistono impianti che utilizzano Css. In Umbria, dove sono in funzione diversi cementifici, da tempo la popolazione residente si oppone alla pratica di bruciare Css. Nell’aprile di quest’anno manifestazioni promosse da numerosi comitati ed associazioni si sono svolte a Perugia, Terni, Gubbio e Spoleto. I cittadini protestano per la tutela della loro salute, chiedono l’attivazione del registro tumori e l’attuazione di una economia circolare vera, non quella di inceneritori e cementifici, ma quella che riconosca alle comunità il diritto di decidere come e quale energia produrre.
L’attivazione dell’impianto per la produzione di Css forse produrrà dei vantaggi per le casse del Cogesa, ormai pienamente dominato da una logica aziendalistica anziché di servizio per il territorio, ma il prezzo di questo risultato sarà pagato dai cittadini e dall’ambiente. L’obiettivo “rifiuti zero” non si persegue bruciando rifiuti ma spingendo al massimo il recupero e il riciclo, come dimostrano i tanti esempi di “Comuni virtuosi” esistenti nel nostro Paese".
Comitati cittadini per l’ambiente
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