COCULLO -
"Cocullo, situato nell’alta valle del Sagittario, è un territorio borderline tra la Valle Peligna e la Marsica; vi abitano in 222, ma il primo maggio bisogna aggiungere due zeri finali per ottenere la cifra approssimativa delle migliaia provenienti da ogni parte d’Italia per assistere alla festa di San Domenico e al rito dei serpari. Qualche anno fa, insieme a un amico fiorentino, decidemmo di venire e sull’autostrada, forse non per caso, c’era un vero serpente di macchine che lo svincolo faceva fatica a smaltire. E ciò, nonostante che tutti i treni provenienti da Roma e da Pescara quel giorno fermassero a Cocullo. Una bolgia infernale per le vie del borgo medievale di pellegrini, fedeli, ma soprattutto di curiosi venuti a vedere da vicino i rettili che un tempo facevano solo paura ed avevano una cattiva nomea attestata anche dal racconto biblico di Adamo ed Eva.
Questa è la dimostrazione di come i sensi e le opinioni possano, nel corso dei secoli, cambiare. Il rito dei serpari è ispirato alla dea Angizia, nome che viene da anguis che in latino vuol dire serpente, per l’appunto. Un rituale che fonde folklore e devozione e conserva substrati arcaici, sicuro retaggio di feste pagane millenarie. La cosa buffa è che i rettili all’atto della cristianizzazione furono ammessi in Chiesa e poi di nuovo espulsi e poggiati sulla statua del santo solo appena varcata la soglia.Secondo la tradizione, se si avvolgono intorno alla testa della statua del Santo, significa che il raccolto sarà ottimo, se invece si avvinghiano intorno alle braccia, non ci si può aspettare nulla di buono.La festa però viene preparata molto prima con i ciaralli che, alla fine di marzo, si recano in montagna per stanare cervoni e bisce. I"ciaralli", ossia gli incantatori dei rettili risalgono alla tradizione medievale e tra l’Abruzzo e il Molise sono ancora tante le famiglie che conservano questo cognome.Una volta catturate, le serpi vengono custodite in casse di legno e alimentate con ratti vivi e uova sode affinché si presentino in forma e con una bella pelle il giorno fatidico. Un rito quello di Cocullo così unico e legato al mito della morte e rinascita (il serpente, come tutti sappiamo, cambia pelle) che è stato candidato a diventare patrimonio immateriale universale dell’Unesco. Questa secolare usanza destò l’interesse dell’antropologo e studioso delle tradizioni popolari Antonio de Nino e Gabriele D’Annunzio ne parlò nella tragedia La fiaccola sotto il moggio (1905) mentre il pittore Francesco Paolo Michetti la immortalò su tela, attualmente conservata nel Museo di Francavilla. E mentre per Mosè il bastone si trasformò in un serpente e poi di nuovo in bastone (Esodo 2,2-4) per i ragazzi e gli adulti cocullesi il serpente si trasforma, il primo maggio, nell’amico di un giorno da coccolare e tenere in braccio o attorcigliato al collo. Finita la festa i rettili vengono riportati nel bosco e rientrano nel loro regno vegetale, a riferire alle Dee ctonie che tutto è andato bene e che gli umani sono schizofrenici perché dopo averli odiati così tanto ora li portano in processione. #cocullofestadisandomenico #Cocullo, Festa Di San Domenico Abate, 1° Maggio P.s. La bellissima foto è di Giuseppe Ricciardiello al quale vanno i miei complimenti"
"Ho scritto questo pezzo prima dello scoppio della guerra. Ci ho pensato parecchio se postarlo o meno. Alla fine ho deciso di pubblicarlo perché i veri serpenti pericolosi sono nel mondo e non certo nel nostro pacifico Abruzzo"
© Rinaldo Liberatore
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