SULMONA – “A me sono morti dei cugini di mia madre”. “Anche mio padre era lì in mezzo a tutta quella distruzione”. A distanza di 73 anni i sulmonesi non hanno la memoria corta e ricordano l’eccidio della stazione ferroviaria di Sulmona, il primo bombardamento in Abruzzo. “Hanno zappat la stazion”, gridava la gente nelle piazze e nei quartieri della città. Il cruento epidosio viene spiegato con dovizia di particolari nel libro
“E si divisero il pane che non c’era”, a cura del Liceo Scientifico E. Fermi di Sulmona e dell’associazione “Il Sentiero della Libertà”. ll suono sinistro delle sirene alle 11.15 del 27 agosto 1943 annunciò l’arrivo degli aerei angloamericani che colpirono la stazione centrale. Furono distrutte la stazione ferroviaria e le diverse linee afferenti. Oltre all’inagibilità totale dell’importantissimo nodo ferroviario le bombe causarono la morte di oltre centocinquanta persone identificate e circa quattrocento feriti. Una vera carneficina frutto di una atroce violenza con i superstiti che urlavano sconvolti per le strade cittadine. Per Sulmona fu il primo dei numerosi bombardamenti che si avvicendarono dall’agosto 1943 al maggio 1944 e che seminarono terrore, morte e distruzione. Il capoluogo peligno non vuole dimenticare questa pagina drammatica per l’intera comunità. Anche dalle ferite della storia si può costruire un futuro di pace.
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