SULMONA - "Nell’osservare i volti e i comportamenti dei consiglieri che , con le loro dimissioni, hanno provocato la caduta del sindaco Ranalli va dato atto che la maggioranza di essi ha mantenuto compostezza e serietà, ben consci delle conseguenze di tale decisione. Qualcuno, invece, aveva l’atteggiamento tipico dei guappi di periferia, raggiante come chi partecipa ad una festa, non consapevole che in realtà stava prendendo parte ad un funerale"scrive in una nota Mario Pizzola.
Immediatamente è cominciata la giostra dei commenti: “Una intera classe politica incapace ed indegna di amministrare la città.
Devono andare tutti a casa. Pensano solo a spartirsi il potere invece di affrontare i veri problemi della gente. La città sprofonda sempre di più e a dettare legge sono sempre i soliti capibastone che controllano tutto e tutti”. Tutto vero? Certo. Ma anche tutto falso se pensiamo di scaricare su altri responsabilità che sono anche nostre, di noi cittadini. Dobbiamo ammettere che la classe politica non è altro che lo specchio della nostra comunità e che , pertanto, sta in noi la radice di tutti i mali che attribuiamo ad essa. Se la città è ingessata ed è ostaggio dei soliti maggiorenti che ne determinano vita e morte non è certo colpa di un destino cinico e baro.
In questa fase la nostra comunità è oggetto di un vero e proprio “massacro”, di diritti e di speranze. Ci stanno togliendo servizi essenziali ed imponendo dall’alto scelte nefaste, che avranno conseguenze notevoli sul futuro del nostro territorio, eppure la nostra risposta è incerta e blanda. Dovremmo riempire le piazze e scuotere i palazzi del potere, mettere in campo una grande ed unitaria forza popolare per impedire che questi soprusi vengano portati a compimento. E invece cosa facciamo? Ci limitiamo a borbottare nei bar e nei crocicchi delle strade e diamo tutta la colpa ad una classe politica inetta e complice. Troppo semplice. La politica potrà cambiare davvero solo se il cambiamento comincia dal basso, dai cittadini stessi, attraverso l’assunzione della nostra quota di responsabilità ed un forte impegno civico che vada ben oltre il pur importante momento elettorale.
L’errore più grande di Peppino Ranalli è stato quello di non credere fino in fondo alle proprie possibilità. Aveva vinto le primarie del suo partito ed aveva dimostrato di avere una propria forza; aveva suscitato speranze di cambiamento ma ha temuto di non farcela, preferendo mettersi sotto le ali protettrici di antichi e nuovi boss locali e dei soliti santi in paradiso. Proprio quelle ali della vecchia politica che lentamente, ma inesorabilmente , lo hanno stretto in una morsa senza
scampo".
Mario Pizzola
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