Il Campo 78 si pone come tassello di un mosaico che fa del Morrone la più importante opera storico-artistico-naturalistica della Regione. Un tesoro di storie, di vite vissute, di opere di ingegno e di laboriosità in oltre due millenni che caratterizzano la storia dell’Occidente, pre e post cristiano.Di fronte a questo scenario, che proprio oggi, con la possibile e augurabile apertura del Campo, assume caratteri di straordinarietà,
Ministro della difesa Pinotti |
attestati da innumerevoli fonti di grande prestigio, l’Amministrazione Comunale non può essere assente o trovare soluzioni-palliativo. La vita amministrativa della città di Sulmona, dal dopoguerra ad oggi, non ha mostrato debita attenzione ad un territorio, ricco di risorse storico-artistiche-umane. Basta ricordare le sollecitazioni pervenute dalle associazioni degli ex-prigionieri, come il “Club Sulmona 78” di Londra, che ha organizzato vari “ritorni” di veterani nella città di Sulmona o l’ELMS (Escape Line Memorial Society) di Londra in collaborazione con il Liceo Scientifico Statale Fermi di Sulmona fino all’evento della visita del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi nel 2001 e le edizioni della Marcia Internazionale “Freedom Trail”.
In varie occasioni, rappresentanti anglo-americani come Christopher Bayliss, Mister Drew, Roger Stanton, Keith Killby ed altri hanno incalzato i vari amministratori pro tempore della città di Sulmona ad avere cura d’una memoria, che è lezione di vita".
Raffaele Russo nel volume La Sulmona del 1946. Fatti di giornalismo – scrive: « Il giorno 18 maggio 1946 nell'aula magna comunale, (ha luogo) la consegna dei diplomi di benemerenza...per l'aiuto dato dai cittadini sulmonesi che favorirono l'occultamento degli ex-prigionieri evitando la loro cattura da parte della sbirraglia teutonica. Sono intervenuti Simpson (maggiore) e Patterson (capitano)... Tra i soccorritori più noti figuravano: Mario Scocco, Cicerone Roberto. Per l'occasione, Simpson afferma: "Sulmona è stato uno dei pochi centri italiani che si siano veramente distinti in questa opera di solidarietà e di carità cristiana: questa simpatica cittadina, che mi ha ospitato gentilmente sia da prigioniero che da uomo libero, la considero come la mia seconda patria. Sulmona ha salvato dagli artigli germanici ben settemila prigionieri alleati. Difficilmente potremo dimenticarlo".»
Il 25 novembre 1973, trent'anni dopo quell'autunno del '43, fu organizzato un viaggio di ritorno degli ex-prigionieri inglesi, tramite il Club Sulmona 78 di Londra. Erano un centinaio. La giornata venne definita "Giornata del ritorno e del ricordo".
Mister Drew, in qualità di rappresentante degli Ufficiali Inglesi, disse a Sulmona: « Siamo membri di una Società intitolata a Sulmona [...] Un membro di questa Società deve aver perso la libertà nel campo di Fonte d’Amore e nient'altro. Un nome che tristemente vuol dire che l'elenco dei nostri membri deve diminuire col passare degli anni. [...] Abbiamo una cravatta che porta il numero del Campo e pezzi di filo spinato. [...] Fra carestie brutte, quello che avevamo era diviso comunemente uno per l' altro [...] Le nostre lettere divenivano di proprietà comune, venivano lette ad alta voce; problemi di cibo, vestiario, freddo malattia, melanconia venivano risolti tutti quanti da quello che noi chiamiamo lo spirito di Sulmona, the Sulmona's spirit, quello spirito stesso che ci coltivava, che ci respirava, che ci tirava in avanti, quello spirito che ancora ci spinge e ci guida. Stasera andremo nelle nostre case, ovunque disperse nell'Isola Britannica e vi giuro che ognuno di noi porterà sempre nel suo cuore un affetto ardente per questa adorata città.»
Si tratta di storie, spesso poco conosciute, ma che andrebbero ri-scoperte e ri-lette con passione ed entusiasmo.
Per questo le associazioni “Il Sentiero della Libertà/Freedom Trail”, “Volontari delle Frazioni”,“Terra Adriatica”, nate dall’interesse culturale per il territorio e con lo scopo di conservare e tramandare la memoria storica della gente peligna, con molti esponenti del direttivo si sono fatti promotori di “Una Fondazione per il Morrone”, con l’obiettivo di proporre e creare ogni possibile forma di salvaguardia e di sviluppo culturale e turistico dell’intera area morronese. Come associazioni hanno progettato, proposto e già realizzato esperienze di visita per i cittadini e per gli studenti delle scuole, come dal programma e dai testi sotto riportati.
Si esortano, quindi, i singoli consiglieri e l’intera amministrazione comunale perché si prenda atto: a. della grande novità offerta dalla cessione del Campo;
b. non si proceda all’assegnazione di nessun luogo del territorio, a prescindere dal disegno della valutazione globale del sito;
c. si ristabiliscano e si incrementino le relazioni internazionali legate alla memoria dei prigionieri delle due guerre mondiali;
d. si delinei un piano accurato di recupero e di sviluppo dell’intera area morronese, d’intesa con la Sovrintendenza dei Beni Culturali, il Parco Maiella e altre istituzioni, in modo da rendere il territorio del Morrone, fiore all’occhiello della città e dell’Abruzzo;
e. si proceda alla elaborazione della relativa documentazione (sulla scia della richiesta aquilana per la “Perdonanza”) che il territorio del Morrone, a motivo della sua unicità e peculiarità, sia proposto all’UNESCO come Patrimonio dell’Umanità.
MORRONE, PATRIMIONIO DELLA STORIA OCCIDENTALE
E’ stato John Verney, scrittore, artista ed ex-prigioniero di guerra a descrivere ed esaltare l’importanza storica del territorio con morronese: dalla leggenda della villa di Ovidio all’eremo di Sant’Onofrio e San Pietro Celestino, dall’abbazia di Santo Spirito alle baracche del Campo di concentramento delle due guerre mondiali, sottolineando: “Nessun altro luogo al mondo può vantare testimonianze così importanti in un'area così ristretta”.
Un’area unica, che nel perimetro di tre-quattro chilometri racchiude la memoria di oltre due millenni di storia occidentale: dalle guerre civili tra Roma e i popoli italici al medioevo cristiano, fino alle due guerre del secolo ventesimo.
MARIO SETTA
Camminando nella storia
Walking through history
(brevi note esplicative alle testimonianze storico-artistiche nel cuore del morrone )
Fonte d’Amore
La fontana che caratterizza la località risale ad un lontano passato, anche se nel retro della struttura sono ora visibili una lapide con la scritta “1919 Fontana della Vittoria” ed un mattone di pietra con data 1833. La zona, a Sulmona, è il luogo che meglio rappresenta la figura e l’opera di OVIDIO (Sulmona 20/3/43 a.C. – Tomi 17 d.C.), per le “acque”, cantate dal poeta e per la leggenda, nella tradizione popolare, della “villa di Ovidio”, smentita in seguito dagli scavi archeologici:
“Sulmo mihi patria est, gelidis uberrimus undis” (“Tristia”, libro IV, elegia X);
“Pars me Sulmo tenet Paeligni tertia ruris/ parva sed inriguis ora salubris aquis” (“Amores”, libro II, 16, 1-2).
Il Campo di concentramento
Costruito per i prigionieri della prima guerra mondiale (1915-1918). Vi furono sistemati prigionieri di nazionalità austro-ungarica. Furono occupati ad operazioni di rimboschimento, lavori agricoli e artigianali. L’epidemia, la “spagnola”, provocò la morte di oltre 400 persone. Al cimitero comunale di Sulmona fu eretto un sacrario per ricordare i prigionieri di guerra austro-ungarici.
Il Campo fu poi usato anche per i prigionieri alleati anglo-americani, catturati prevalentemente nella campagna d'Africa della seconda guerra mondiale, segnalato col n. 78. Vi erano reclusi oltre 3000 prigionieri. La vita nel campo era vissuta comunitariamente, come è stato da loro raccontato: “Quello che avevamo era diviso comunemente uno per l'altro. Le nostre lettere divenivano di proprietà comune, lette ad alta voce; problemi di cibo, vestiario, freddo, malattia, melanconia venivano risolti da quello che chiamavamo lo spirito di Sulmona, “the Sulmona's spirit”, quello spirito che ci coltivava, ci faceva respirare, tirare avanti, quello spirito che ancora oggi ci spinge e ci guida…» (cfr. “Libertà sulla Maiella” di Uys Krige, “Non aver paura” di John Furman, “Spaghetti e filo spinato” di J. Esmond Fox, “Fuga da Sulmona” di Donald Jones, “La guerra in casa” di William Simpson, “Linea di fuga” di Sam Derry, “Oltre i muri” di Jack Goody, “Un pranzo di erbe” di John Verney, ecc.)
I pozzi
Pozzi sotterranei che raccoglievano l’acqua sorgiva del Morrone, incanalata nelle condotte che rifornivano l’abbazia (carcere) e le abitazioni civili. Sui pozzi furono costruite strutture architettoniche di stile mitteleuropeo risalenti ai primi decenni del ‘900.
Santuario di Ercole Curino
Santuario dedicato ad Ercole, nome latinizzato dell’eroe greco Eracle, con l’appellativo di Curino o Quirino, “culto nazionale dei Peligni” e di cui si ammirava la straordinaria forza, avendo superato le famose 12 fatiche, ottenendo l’immortalità. Il complesso monumentale si compone di due grandi terrazze addossate al pendio della montagna. L’accesso avveniva mediante scalinate. Sulla terrazza superiore, si trova un piccolo ambiente quadrato, di carattere cultuale, con pavimento a mosaico. In esso furono rinvenute due immagini votive di Ercole, l’una in bronzo, l’altra in marmo, rappresentante l’eroe sdraiato. Il santuario risale al primo secolo a.C. e sembra documentato che all’epoca delle guerre sociali (91 a.C.) fungesse da centro religioso della lega tra i popoli italici che nell’ 87 a.C. ottennero la cittadinanza romana. La festa nel santuario di Ercole Curino avveniva il 13 agosto (“Idi di agosto”), mediante un rito che prevedeva l’offerta, la purificazione nell’acqua, l’accesso al “Sancta sanctorum”, ed anche l’“incubatio”, cioè il pernottamento all’interno del luogo sacro per ottenere qualche grazia. Notevole, dal punto di vista architettonico, l’ Opus reticulatum. (Per informazioni più dettagliate: cfr. Alessandro Bencivenga, “Luoghi, tempi e modi del culto di Ercole tra i Paeligni ”)
Oratorio di S. Onofrio
L’oratorio, dedicato a S. Onofrio, risale ad un’epoca di passaggio dal paganesimo al cristianesimo. Vari furono i santuari dedicati a santi eremiti della Tebaide, in particolare a S. Antonio Abate e a S. Onofrio. Di S. Onofrio si sa ben poco. Anch’egli, probabilmente, era un eremita, vissuto nei primi secoli del Cristianesimo. Una raffigurazione di S. Onofrio, nella Yilanli Kilise di Goreme in Cappadocia (Turchia), lo presenta con lineamenti femminili, sulla base di una leggenda che ne parlava come di donna convertita e consacratasi alla vita eremitica. Una statua conservata nell’atrio della chiesetta lo presenta con capelli lunghi fino ai piedi, quasi a nascondere i suoi lineamenti..
Eremo di Celestino V
Accanto alla chiesetta di S. Onofrio, nel 1246 si stabilisce fra’ Pietro da Morrone, con alcuni monaci. Si chiamava Pietro Angelerio, nato nel Molise ed entrato nell’Ordine di San Benedetto. Aveva lasciato il monastero per farsi eremita: per tre anni sul monte Palleno (Porrara). Poi si era recato a Roma per studiare e nel 1239 era stato ordinato sacerdote. Il 21 marzo 1274, recandosi a Lione dove papa Gregorio X era arrivato per il Concilio Ecumenico, ottiene la Bolla di confermazione dell’Ordine dei monaci morronesi di Santo Spirito. Al ritorno, nel luglio 1274, a L’Aquila, fa costruire un Santuario dedicato alla Madonna (Santa Maria di Collemaggio), consacrato il 25 agosto 1288. Nel 1292 alla morte del papa Niccolò IV, al conclave riunito a Perugia le due fazioni contrapposte dei cardinali (Orsini e Colonna), non riescono ad eleggere il nuovo papa. Vi si reca il re di Napoli Carlo II d’Angiò con suo figlio Carlo Martello per metterli d’accordo. Ma non ottiene nulla. Lasciando Perugia, Carlo II e il figlio Carlo Martello vengono a Sulmona. Il 6 aprile 1294 salgono a S. Onofrio e incontrano fra’ Pietro, suggerendogli di scrivere una lettera ai cardinali riuniti in conclave. La lettera fa effetto e il 5 luglio 1294 Pietro da Morrone viene eletto papa, all’età di 79 anni. L’11 luglio i delegati si avviano verso Sulmona. Anche Carlo II col figlio si avvia verso Badia di Sulmona, ma stanco per il lungo viaggio, lascia che all’eremo salga suo figlio Carlo Martello insieme ai legati. Giunti all’eremo nella tarda mattinata, l’arcivescovo di Lione, Bernard De Gout, si inginocchia davanti a fra’ Pietro e gli consegna il decreto di nomina. Pietro si ritira in preghiera e in lacrime. Poi, dichiara di accettare la nomina. Il 25 luglio il corteo parte per L’Aquila: Pietro su un asino e ai fianchi Carlo d’Angiò e Carlo Martello. Arriva a L’Aquila il 27 luglio, dove rimane per la consacrazione episcopale e per l’incoronazione papale che avviene domenica 29 agosto 1294 alla presenza di tutti i cardinali. Prende il nome di Celestino, come Celestino III che aveva approvato l’Ordine di Gioacchino da Fiore.
6 ottobre 1294: il corteo di papa e re parte dall’Aquila per andare a Napoli; 7 ottobre: arrivo a Sulmona; 9 ottobre: consacrazione dell’altare maggiore della Basilica di Badia di Sulmona;
10 ottobre: salita a S. Onofrio e incontro con fra Roberto di Salle; 5 novembre: arrivo a Napoli;
13 dicembre 1294: dimissioni da pontefice; 19 maggio 1296: morte al castello di Fumone (Frosinone).
Abbazia di S. Spirito
L’Abbazia è un fabbricato a pianta rettangolare (m.119x140). Al tempo di fra’ Pietro da Morrone c’era forse una cappella dedicata a S. Maria del Morrone che fu ampliata da lui e dai seguaci. Verso la fine del XIII secolo fu costruita una chiesa dedicata allo Spirito Santo, con convento annesso, sulla base dello stretto rapporto che fra’ Pietro aveva stabilito con la teoria di Gioacchino da Fiore (1130-1202), secondo cui la storia degli uomini si basa sul modello della Trinità, scandito in tre tappe: età del Padre (predominio della legge e della schiavitù); età del Figlio (predominio della servitù filiale e della grazia); età dello Spirito Santo (predominio della libertà, della plus-grazia, della Pace, dello spirito di povertà con l’avvento del “Papa ANGELICO il successore di Pietro che si eleverà in sublimi altezze”, al quale “sarà data piena libertà per rinnovare la religione cristiana e per predicare il Verbo di Dio… la gente non sguainerà la spada contro i propri simili e nessuno si addestrerà alla battaglia”). Nel settembre 1293 si tenne un Capitolo generale che dichiarò il monastero sede dell’abate supremo dell’Ordine Celestino. Nel 1299, tre anni dopo la morte di Celestino V, Carlo II d’Angiò ricostruì il convento, abbellito nel 1500, restaurato dopo il terremoto del 1706. Nell’abbazia sono visibili diverse rappresentazioni pittoriche della colomba, simbolo dello Spirito Santo. L’Ordine dei Celestini fu soppresso nel 1807 e l’edificio ebbe varie destinazioni, fino a diventare carcere penitenziario. Nel 1997 iniziarono i lavori di ristrutturazione, non ancora terminati.