SULMONA - Riceviamo e pubblichiamo una nota a firma di Mauro Nardella Segretario Provinciale uil Penitenziari relativa alla situazione di salute di un detenuto del carcere peligno."Viso scarno e ossa che si contano come in una radiografia appena fatta. Sono immagini, queste, di un uomo che più che in un carcere italiano sembrano provenire da un campo di concentramento".E’ così che oggi si presenta, agli occhi degli operatori penitenziari, ai quali offre spunti di enorme preoccupazione, Antonino Cacici , detenuto ergastolano di origine siciliana di 42 anni, il quale, da diversi giorni, sta attuando lo sciopero della fame, della terapia e da oggi anche quello della sete per protestare conto l’ergastolo ostativo.
Il c.d. ergastolo ostativo è quella pena a vita che impedisce qualsiasi possibilità di abbreviazione della condanna, essendo stato inflitto per gravissimi delitti. In Italia sono circa ottocento gli ergastolani ostativi, miolti dei quali in carcere da oltre trenta anni, puniti da un irrigidimento della normativa sull’ergastolo che fu introdotta negli anni 90, a seguito della famose stragi di mafia. Si tratta molto spesso di soggetti che hanno commesso efferati delitti in età giovanile ed ora, 50/60 enni ed oltre, non vedono alcuna speranza perchè finiscano la pena prima del termine della loro esistenza terrena"continua la nota."Le condizioni di salute del Cacici, che ha rifiutato anche il ricovero presso l’ospedale, cominciano a destare serie preoccupazioni fra i sanitari del carcere. Questi ultimi hanno registrato nel corso dell’ultimo mese un calo ponderale di oltre 20 kg. Il che unito anche all’aumentato rischio derivante dall’associazione dello sciopero della terapia e della sete porterà al rischio di un rapido peggioramento delle sue condizioni.La preoccupazione della Uil Penitenziari oltre che di tutti gli operatori penitenziari, ognuno dei quali armati di umana pietà, è che il detenuto, malgrado i ripetuti e sistematici tentativi di dissuazione fatti da tutti direttori, medici, infermieri, poliziotti penitenziari, educatori ed assistenti sociali, possa non arrivare all’appuntamento col TSO ancora in vita.Le condizioni del Cacici rappresentano una sorta di spada di Damocle per tutti gli operatori penitenziari i quali quotidianamente, da diversi giorni oramai, sono chiamati a svolgere un lavoro di vigilanza che non poco stress produce e che si ripercuote inevitabilmente sulle loro condizioni psicofisiche".
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