ROMA - "Il mancato raggiungimento del quorum nella consultazione referendaria dell’8 e 9 giugno segna, senza dubbio, una sconfitta per il comitato promotore e delle forze politiche che si sono impegnate per le ragioni del Sì. Ne prendiamo atto con chiarezza, senza giri di parole ma altrettanto chiaramente dobbiamo dire che la destra non può e non deve rivendicare alcuna vittoria.Non si può vincere una partita a cui non si è nemmeno partecipato. Astenersi non è vittoria, è assenza. È rifiuto del confronto democratico se riteniamo che la partecipazione è elemento fondante della democrazia. Nonostante votare sia considerato un “doveroso diritto” ossia un dovere civico – come ci ricorda l’art. 4 del DPR 361/1957 – resta il fatto che la presenza dei quorum per le consultazioni referendarie andrebbe rivista, anche a seguito della cancellazione, dal 1993, delle blande sanzioni per chi disertava le urne. L’astensione è libera, ma politicamente evitiamo di celebrarla come un successo semplicemente perché non lo è.
L’analisi del voto – o meglio, del non voto – è complessa e non si presta a facili strumentalizzazioni. Sbaglia chi da sinistra cerca di trarre un significato elettoralistico dal numero dei sì, paragonandoli ai voti raccolti dal centrodestra alle ultime politiche: sommare mele e pere non ha mai funzionato, nemmeno sui banchi di scuola. Ancora più grave è il tentativo della destra di intestarsi una vittoria che semplicemente non esiste. Le regole della democrazia, come quelle dello sport, ci insegnano fin da bambini che vince solo chi compete.
Il referendum sulla cittadinanza meritava – e merita ancora – una riflessione seria e profonda. In un paese in cui il governo Meloni, con il decreto flussi 2023-2025, ha autorizzato l’ingresso di 450.000 lavoratori stranieri, in gran parte per lavoro non stagionale, è ipocrisia pura rifiutare la cittadinanza a chi vive qui da oltre 5 anni, lavora, paga le tasse, conosce la lingua italiana meglio di molti italiani per nascita e non ha alcun problema con la giustizia. Stiamo dicendo sì alla forza lavoro e no ai diritti. È questo il modello di convivenza che vogliamo? Un sistema che crea lavoratori ricattabili, sottoposti alla minaccia costante dell’espulsione, non solo è ingiusto, ma contribuisce ad abbassare le tutele anche per i lavoratori italiani. Come diceva qualcuno, quando sfruttati e sfruttatori votano (o non votano…) la stessa cosa, sono i primi quelli che stanno sbagliando…
Infine, una nota sui costi del referendum. Alcuni consiglieri regionali di destra hanno sollevato polemiche ad arte: i referendum costano – è vero – ma il governo Meloni ha scelto deliberatamente di non accorparli con il primo turno delle elezioni amministrative, come sarebbe stato logico fare per contenere le spese. Forse si temeva proprio che una partecipazione più alta avrebbe portato al raggiungimento del quorum? Se così fosse, sarebbe una responsabilità grave e tutta in capo al centrodestra che avrebbe preferito far spendere di più ai cittadini per scongiurare un risultato positivo alla consultazione referendaria.
Noi continuiamo a credere nella democrazia partecipata, nei diritti di tutte e tutti, nella dignità del lavoro e delle persone, qualunque sia il loro Paese d’origine. La battaglia per un aumentare i diritti e le tutele dei lavoratori e per una cittadinanza giusta non si ferma qui".
Fabrizio Giustizieri Segretario Provinciale Sinistra Italiana L'Aquila – Alleanza Verdi e Sinistra
Rosalia Tangredi – Referente Area Marsica Sinistra Italiana – Alleanza Verdi e Sinistra
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