L'AQUILA - "Con l’arrivo dell’estate, in Abruzzo si ripresentano puntualmente – come le rondini in primavera – gli annosi e mai risolti problemi legati all’irrigazione e alla gestione delle infrastrutture idrauliche. È ormai un triste copione, aggravato da inefficienze strutturali e gestionali che lasciano il mondo agricolo sempre più solo e in difficoltà.Qualcuno ironizza dicendo “si stava meglio quando si stava peggio”. E, paradossalmente, c’è un fondo di verità: settant’anni fa, pur in un contesto rurale arcaico, le opere di gestione del territorio – seppur realizzate con mezzi limitati – erano all’avanguardia per l’epoca. Oggi, nonostante i progressi tecnologici, la disponibilità di mezzi e risorse economiche, lo stato delle infrastrutture idrauliche è spesso a dir poco disastroso.
Fatta eccezione per alcune aree dove l’agricoltura ha un peso rilevante, la situazione del resto della regione è critica. I Consorzi di Bonifica, nati con lo scopo di garantire manutenzione idraulica e gestione degli impianti irrigui, hanno nel tempo tradito la loro missione, accumulando debiti milionari e disattendendo le aspettative dei territori. Non è una questione di schieramenti: la domanda che si pongono oggi gli agricoltori è semplice e concreta, perché continuare a pagare il ruolo di bonifica, quando i servizi erogati sono inefficaci o del tutto assenti?
L’Abruzzo è una terra complessa, con una morfologia prevalentemente collinare e montuosa, attraversata da fiumi, fossi e canali, molti dei quali fondamentali per l’irrigazione. La manutenzione di questo reticolo idrico è cruciale non solo per l’agricoltura, ma anche per la prevenzione di eventi calamitosi. Eppure, si assiste troppo spesso a faraonici annunci su opere di dubbia utilità, che alimentano più i circuiti di appalti e finanziamenti che il reale fabbisogno agricolo.
Emblematico il caso del nuovo sistema di tubazione nella zona est dell’Aquila, presso il lago di San Raniero: l’opera, ancora in fase di realizzazione, sta già generando disservizi in un momento cruciale per la stagione agraria. I nuovi contatori idrici, pensati per razionalizzare l’uso dell’acqua, rischiano di accelerare l’abbandono di un’agricoltura definibile, senza retorica, eroica.
Nelle zone dove l’irrigazione avviene ancora tramite canali in terra battuta o cemento, la situazione è ancora più grave: manutenzione ordinaria praticamente assente, con effetti disastrosi. A ciò si aggiunge la diminuzione costante delle aziende agricole e una generale negligenza da parte degli enti preposti.
Tutto questo avviene mentre si parla sempre più di biodiversità, tutela della fauna e valorizzazione delle zone umide – proprio quelle alimentate da questa rete di canali. Questi ambienti, oltre a essere fondamentali per l’irrigazione, ospitano vegetazione spontanea e una fauna utile all’ecosistema, spesso più rilevante – in termini di equilibrio ambientale – di specie simboliche come il lupo.
L’irrigazione diffusa ha permesso nei secoli lo sviluppo dei prati polifiti, ecosistemi complessi e preziosi, fondamentali per la fienagione e il pascolo, e habitat di insetti impollinatori come le api. Eppure, si sottrae l’acqua a questi prati per poi finanziare, paradossalmente, progetti artificiali per la semina di piante mellifere, in nome della biodiversità.
Gli agricoltori non possono che porsi delle domande. Le risposte, però, sembrano sempre più opache, confuse da logiche economiche che favoriscono pochi a discapito di molti.
Serve un cambio di passo radicale e, prima ancora, un cambiamento culturale. Senza una strategia seria sulla gestione idraulica e senza un’agricoltura produttiva, sostenibile e rispettata, il settore primario non potrà mai tornare a essere motore del territorio.
Il futuro del cibo e dell’equilibrio ambientale passa anche da qui: dalla volontà di tornare a produrre, e non semplicemente a sopravvivere di sussidi".
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