COCULLO - Si è ripetuta questa mattina a Cocullo una delle feste religiose più caratteristiche d’Italia che vede tra i suoi protagonisti, oltre alla statua di San Domenico Abate, tanti pellegrini e curiosi, un centinaio di bisce catturate nei campi intorno al paese dai “serpari”.Oltre 20 mila persone hanno assistito al tradizionale e antichissimo rito.Il momento più atteso è quando la statua di S.Domenico Abate viene vestita con centinaia di cervoni e biacchi.
Alla fine della Messa solenne, quando la statua viene portata all’esterno della chiesa, i “serpari” sistemano le serpi sulla testa e sull’aureola del Santo, formando una straordinaria acconciatura la cui origine si perde nella notte dei tempi.
Poi la processione ha sfilato tra due ali di folla per le strade accompagnata dalla banda.La precedono la banda e il parroco, la seguono decine di “compagnie” di fedeli."Siamo venuti perchè qui c'è il segno che ha attraversato il tempo e la storia.Questo segno è San Domenico Abate, l'uomo che
si è messo alla ricerca di Dio, che lo ha visto come sorgente di tutta la sua esistenza"ha detto il vescovo Angelo Spina durante la sua omelia."Cocullo, questo paese è di una generosità storica nella sua piccolezza e nella sua straordinaria bellezza, accoglienza cordiale e fraterna"ha sottolineato il vescovo di Sulmona-Valva.Erano presenti molti sindaci delle località vicine e il neo presidente del Parco Nazionale Abruzzo Lazio e Molise Antonio Carrara.La festa, duemila anni fa, si celebrava in onore della dea Angizia.San Domenico Abate, nato nel 951 a Foligno, non si sa molto. Predicò in Umbria, in Ciociaria, nella Marsica, morì nel 1031 a Sora. A Cocullo, oltre alla festa di maggio, lo ricordano due reliquie, un dente e un ferro della mula su cui viaggiava.Come Angizia, San Domenico protegge dagli animali selvatici e dal mal di denti. Per questo motivo i fedeli, oltre a seguire in
processione la sua statua decorata dalle serpi, suonano una campana tirando la catenella con i denti. Il serpente più diffuso nella festa è il cervone, la più grande biscia italiana. Lungo fino a due metri, questo elegante rettile è privo di veleno ed è quindi innocuo per l’uomo. Alla fine di aprile, lento e impacciato dopo mesi di letargo, si lascia catturare facilmente. Partecipano alla festa anche la biscia dal collare (o natrìce), il saettone che in Abruzzo è soprannominato “lattarina”. E il biacco, un serpente più piccolo e più aggressivo, che morde spesso – ma sempre senza veleno – le mani dei “serpari”. Non ci sono vipere. Alla fine, tutte le serpi vengono liberate.La manifestazione quest'anno è andata bene, nessun caso particolare, nessuno si è sentito male da richiedere il ricovero in ospedale.Il notevole servizio d'ordine composto dalla Pratezione Civile, Carabinieri, Vigili Urbani e Croce Rossa ha funzionato alla perfezione.